Beata Halassy, 53enne virologa dell’Università di Zagabria, si è aggiunta al gruppo di scienziati che hanno testato su sé stessi le loro scoperte. Di fronte a una recidiva di tumore al seno in stadio 3, diagnosticata nel 2020, Halassy ha scelto un percorso radicale: invece di sottoporsi alla chemioterapia, ha deciso di sperimentare una combinazione di virus mai utilizzata per il cancro al seno. La sua storia, descritta in un articolo su Nature e molto discussa online, solleva questioni etiche significative per il mondo della ricerca scientifica.
Halassy ha optato per la viroterapia oncolitica (OVT), una tecnica innovativa che impiega virus per attaccare le cellule tumorali e provocare una risposta immunitaria. Anche se esistono diversi studi clinici su OVT, queste sperimentazioni sono state finora dirette a tumori metastatici e per il melanoma. Halassy, nonostante non fosse una specialista di OVT, era esperta nella manipolazione dei virus e ha quindi deciso di trattare il tumore con il virus del morbillo e quello della stomatite vescicolare (VSV).
Dopo aver preparato i virus in laboratorio con l’aiuto di colleghi e averli iniettati per due mesi nell’area del tumore, la scienziata ha riscontrato una riduzione della massa tumorale. Il tumore si era rimpicciolito e distaccato dal muscolo, rendendo più facile la successiva rimozione chirurgica. Le analisi post-operatorie hanno mostrato una forte infiltrazione di linfociti, a conferma di una risposta immunitaria intensa.
Halassy ha scelto di ricorrere all'auto-sperimentazione dopo aver ricevuto, nel 2020 all'età di 49 anni, una nuova diagnosi di tumore al seno nella stessa area già trattata in precedenza. Decisa a evitare ulteriori cicli di chemioterapia, ha optato per una strada alternativa, iniettando direttamente nel tumore un ceppo del virus del morbillo (lo stesso utilizzato nei vaccini) seguito dal virus della stomatite vescicolare. Entrambi questi virus erano stati precedentemente testati in studi clinici per la viroterapia oncolitica.
La cura, durata due mesi, è stata monitorata dai suoi oncologi, che non hanno osservato effetti collaterali significativi. Nel corso del trattamento, il tumore si è ridotto e si è separato dai tessuti circostanti, permettendo la rimozione chirurgica. Successivamente, Halassy ha assunto per un anno l'anticorpo monoclonale trastuzumab e, a quasi quattro anni dall'intervento, non ha avuto recidive.
L'idea di impiegare virus per combattere i tumori non è una novità. Questo approccio, chiamato viroterapia oncolitica, è in fase di ricerca da molti anni. Ad esempio, il farmaco T-Vec (talimogene laherparepvec), approvato nel 2015 nell'Unione Europea per trattare alcune forme di melanoma metastatico, deriva da una versione attenuata del virus herpes simplex (HSV-1), modificato per attaccare e distruggere le cellule tumorali. Come riportato in un articolo di Nature sulla vicenda di Halassy, altre terapie di questo tipo sono in fase di studio, ma attualmente non esistono farmaci di viroterapia oncolitica approvati per il trattamento del tumore al seno.
Nonostante il successo, la decisione di Halassy solleva dubbi etici. La sua sperimentazione è avvenuta al di fuori di protocolli clinici e senza revisione etica, con il rischio di spingere altri pazienti a tentare trattamenti simili senza la necessaria supervisione. Anche la pubblicazione della sua storia ha sollevato domande: dopo vari rifiuti, lo studio è stato infine accettato sulla rivista Vaccines, che ha chiarito come questa terapia non rappresenti una prima linea di trattamento.
A quattro anni dall’intervento, il tumore non è tornato, ma la scelta di bypassare i test clinici tradizionali resta controversa, aprendo un dibattito che va oltre il successo individuale di Halassy. "La questione principale è sempre stata quella legata agli aspetti etici", spiega la ricercatrice a Nature. Si teme, infatti, che altri possano essere spinti a intraprendere il percorso dell'auto-sperimentazione.
Recentemente, il tumore al seno ha colpito una star dello spettacolo italiano