Nel governo c’è la sensazione di entrare in un 2025 decisivo per la realizzazione del suo programma elettorale, ma soprattutto per la sua tenuta. Anche se Lega, Fratelli d'Italia e Forza Italia assicurano che non ci sono motivi di litigio o screzi, la presenza di alcuni dossier irrisolti rischia di rallentare i lavori dell'esecutivo.
La riforma della giustizia, per come intesa dal ministro di riferimento Carlo Nordio, non è ancora completa: manca l'approvazione della separazione delle carriere dei giudizi. Una questione costituzionale che probabilmente verrà decisa grazie ad un referendum popolare fra il 2026 e il 2027.
Nel frattempo c'è una prima scadenza molto più ravvicinata: l'8 gennaio 2025 a Montecitorio si discuterà delle pregiudiziali di costituzionalità presentate dalle opposizioni. Considerato che le riforme del premierato e dell'autonomia differenziata sono ferme, la giustizia potrebbe essere un campo di successo per Meloni e alleati.
Gennaio, è tempo di ricominciare. La pausa natalizia ha permesso a senatori e deputati di staccare brevemente la spina dopo la full immersion dedicata - alla fine di dicembre 2024 - all'approvazione della legge di bilancio. Tanti screzi non soltanto con le forze d'opposizione ma anche all'interno della maggioranza di centrodestra, fra emendamenti rimodulati, inseriti o cassati all'ultimo secondo, così come lo scarsissimo tempo dato alla Commissione bilancio del Senato per esaminare il testo.
Portata a casa la legge di bilancio, per il governo si aprono altre sfide molto importanti per la sua credibilità agli occhi dei propri elettori. Autonomia, Rai e Consulta sono i primi tre temi che vengono alla mente e che sono "eredità" di pause e temporeggiamenti messi in atto lungo tutto il 2024. Resta però un'altra carta a disposizione per l'esecutivo: la riforma della giustizia.
L'8 gennaio 2025, infatti, a Montecitorio la maggioranza sarà chiamata ad esprimersi sulle pregiudiziali di costituzionalità formulate dalle opposizioni soprattutto riguardo un punto: la separazione delle carriere dei magistrati. Quello che sta maggiormente a cuore al ministro della Giustizia Carlo Nordio è chiarire una volta e per tutte la carriera di un giudice, che oggi passano anche più volte dalla funzione giudicante a quella inquirenti.
Lo scopo della separazione delle carriere è quella, per l'appunto, di far decidere all'inizio della carriera - e quindi una volta soltanto - cosa fare, se il pubblico ministero (con il compito di formulare richieste o pareri in vista delle decisioni degli organi giudicanti) o il giudice (con il compito di decidere le controversie).
Una volta superato lo scoglio della questione pregiudiziale, verrà ripreso l'esame generale degli emendamenti. Obiettivo ultimo è quello di arrivare a fine gennaio con il sì della Camera, in modo da passare (prima della pausa estiva dei lavori parlamentari) la riforma all'esame del Senato.
Nordio ha sempre rappresentato una figura particolare all'interno della compagine governativa, scelto personalmente dalla premier Meloni come figura alternativa di magistrato garantista che in passato aveva criticato duramente i suoi colleghi. L'approvazione del Ddl Sicurezza (che in linea generale aumenta le durata delle pene a scanso di percorsi rieducativi e alternativi) è stato un boccone amaro da digerire per Nordio, probabilmente placato anche dal via libera sulla separazione delle carriere.
Nei primi mesi del 2024 un altro aspetto importante dell'assetto giudiziario italiano è stato modificato: quello riguardante l'abuso d'ufficio (abrogato), abbinato a modifiche al reato di traffico di influenze. Il resto, dai test psicoattitudinali per entrare in magistratura alle modifiche riguardo la durata delle operazioni di intercettazione, o verrà applicato dal 2026 in poi o è in attesa dell'approvazione della Camera.
Nonostante tutto, sia Nordio che gli altri esponenti del governo ostentano fiducia sull'attuazione di tutte (se non gran parte) delle loro proposte in tema di giustizia. Essendo una riforma costituzionale, la separazione delle carriere deve essere approvata quattro volte: due volte alla Camera e due al Senato. Se non si sono raggiunti i due terzi dei voti, si attiva il referendum popolare per confermare o bocciare la riforma.
Questo però sembra un problema del futuro e come detto c'è fiducia che dall'8 gennaio in poi si potrà lavorare alacremente su questa tematica. Ne è convinto il sottosegretario alla Giustizia di Fratelli d'Italia Andrea Delmastro, che ricorda come non è una questione propria soltanto di Forza Italia, ma è nell'interesse di tutti avere una giustizia più giusta:
L'Associazione nazionale magistrati (Anm) ha sempre contestato i punti elencati come positivi da Delmastro, ma questo febbraio dovrà affrontare un appuntamento delicato come l'elezione del nuovo presidente al posto dell'uscente Giuseppe Santalucia. Cambierà qualcosa con un nuovo uomo (o donna) al comando?
Sarebbe un fatto clamoroso vedere l'Anm cambiare di sponda così repentinamente, ma il governo è concentrato innanzitutto sul ruolo delle opposizioni. È da segnalare l'appoggio che sul tema della giustizia Italia Viva ha mostrato nei mesi scorsi un cauto interesse verso la riforma, mentre il suo leader Matteo Renzi dopo l'assoluzione nel processo Open Arms chiede a gran voce un cambio di passo sulla responsabilità dei giudici.
La strada, insomma, sembra tracciata e ad Affaritaliani.it il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani ha espresso l'auspicio che tutti - in maggioranza - abbiano a cuore il completamento di una riforma destinata ad incidere profondamente sul funzionamento della giustizia in Italia: