Il presidente Javier Milei ha annunciato l’intenzione di eliminare il reato di femminicidio dal Codice penale argentino. Il proposito è stato confermato anche dal portavoce presidenziale Manuel Adorni e dal ministro della Giustizia Mariano Cuneo Libarona.
Intervenuto al Forum economico mondiale di Davos, Milei ha dichiarato che il reato di femminicidio è inutile e ingiusto, in quanto, a suo avviso, crea un privilegio per le donne, andando in contraddizione con il principio di uguaglianza tra i sessi tipico delle società occidentali.
Il presidente, inoltre, ha rivendicato la decisione di abolire il Ministero delle Donne, sostenendo che, dal suo insediamento, i casi di femminicidio nel Paese sarebbero diminuiti. Un'affermazione, questa, smentita dall’Osservatorio sulla violenza Mercedes Pagnutti, secondo cui nel 2024 il numero di femminicidi in Argentina è aumentato, arrivando a 300 casi contro i 250 dell'anno precedente.
Il proposito di eliminare il reato di femminicidio in Argentina annunciato da Milei ha rapidamente fatto il giro del mondo, ponendo in allarme le associazioni che si occupano di diritti delle donne e, in generale, tutti coloro che ritengono fondamentale affrontare seriamente il problema della violenza di genere.
La redazione di Tag24 ha commentato la notizia con la senatrice Anna Bilotti (M5S), membro della Commissione bicamerale di inchiesta sul femminicidio e avvocata penalista, che ha definito quanto sta avvenendo in Argentina «un fatto gravissimo che, se dovesse concretizzarsi, comprometterebbe i traguardi raggiunti a livello globale in tema di diritti delle donne».
Nel sostenere l’eliminazione del reato di femminicidio, Milei ha ripreso un’argomentazione diffusa anche in Italia, secondo cui tale fattispecie di reato discriminerebbe gli uomini vittime di omicidio. Questa tesi, tuttavia, spesso nasce da una scarsa comprensione del fenomeno della violenza di genere, come sottolinea la senatrice Bilotti:
«Chi utilizza queste argomentazioni ignora la realtà del fenomeno. Un femminicidio non è un semplice omicidio, ma è un reato strettamente legato alla questione di genere: è l’uccisione di una donna in quanto tale.
Nella legislazione italiana relativa alla violenza di genere esistono reati, come quello di stalking, in cui il soggetto offeso può anche essere un uomo. Tuttavia, le statistiche indicano chiaramente come i casi in cui gli uomini sono vittime di stalking sono di gran lunga inferiori rispetto a quelli in cui le vittime sono donne.
Questo non significa che gli uomini non vadano tutelati, ma che il legislatore deve rispondere alla realtà sociale e, in questo caso, raccogliere il segnale d’allarme che indica come sia in corso una vera e propria guerra contro le donne».
L’introduzione del reato di femminicidio nel Codice penale di molti Paesi – tra cui l’Italia – serve peraltro a garantire gli strumenti per arginare il fenomeno e non a discriminare una parte, come spiega la senatrice del Movimento 5 Stelle:
«Dal punto di vista del diritto, l’esistenza del reato di femminicidio è uno strumento fondamentale per studiare e combattere il fenomeno. Il legislatore non può navigare nel buio, ma deve mettere in campo regole che tengano conto del fenomeno sociale, spesso negato, che è alla base dei femminicidi: il patriarcato.
Elena Cecchettin ha descritto Filippo Turetta non come un mostro, ma come un 'figlio sano del patriarcato’. Queste parole, assieme alla scelta della famiglia Cecchettin di intraprendere, nonostante il dolore, una battaglia civile contro la violenza di genere, sono state uno spartiacque per il nostro Paese.
Purtroppo ancora oggi si sente spesso parlare di 'raptus' in relazione ai femminicidi. È invece essenziale riconoscere l’esistenza del patriarcato per affrontare il problema in modo concreto e consapevole».
Polemiche sull’esistenza o meno del patriarcato, tuttavia, hanno riguardato anche il nostro Paese. Solo qualche mese fa, all’inaugurazione della Fondazione Giulia Cecchettin, il ministro Valditara ha definito la lotta al patriarcato “ideologica”. Un’affermazione, secondo la senatrice Bilotti, che testimonia quanto lavoro culturale ci sia ancora da fare:
«Il Ministro dell’Istruzione è fermo alla riforma del Codice civile del 1975, che abolì formalmente il patriarcato inteso come supremazia dell’uomo sulla donna all’interno della famiglia. Valditara ignora tuttavia la dimensione culturale del fenomeno, ovvero quell’insieme di valori e comportamenti interiorizzati dagli uomini, magari loro malgrado, proprio in virtù del contesto culturale.
La cultura patriarcale, per fare un esempio, è la stessa che porta alcuni esponenti della Lega a dire che l’educazione sessuale nelle scuole, così come proposta dal Movimento 5 Stelle, è una porcheria che dovremmo fare nelle nostre sedi di partito. Questo approccio dà la misura dello stallo cui siamo di fronte, nonostante l’urgenza di affrontare un fenomeno che ha caratteristiche strutturali».
Guardando alle vicende internazionali, l’annuncio di voler eliminare il reato di femminicidio dal Codice penale argentino, peraltro, non pare un fatto isolato. L’avvio della presidenza Trump, infatti, ha coinciso con l’avvio di una campagna mondiale contro l’aborto. Fatti, secondo la senatrice Bilotti, non casuali e accomunati da un unico intento:
«Questi tentativi nascono dalla volontà politica di mettere le mani sul corpo delle donne. Il momento storico a cui assistiamo ci insegna che le lotte non finiscono mai: i diritti, una volta ottenuti, devono essere difesi.
Questo principio vale per gli Stati Uniti ma anche per l’Italia. Oggi nei nostri consultori sono ammessi i gruppi antiabortisti per dissuadere le donne, e vengono praticate altre aberrazioni, come imporre loro di ascoltare il battito del feto. Ci dicono che la legge 194 del 1978, che disciplina l’interruzione volontaria di gravidanza, non sarà toccata. Chi si occupa dei diritti delle donne, però, non guarda alle promesse, ma ai fatti. E i fatti ci dicono che dobbiamo difendere questi diritti».
L’intenzione di Milei di eliminare il reato di femminicidio
Il presidente argentino Javier Milei ha annunciato la volontà di eliminare il reato di femminicidio dal Codice penale, ritenendolo ingiusto e contrario al principio di uguaglianza tra i sessi. Questa posizione ha suscitato allarme a livello globale, in particolare tra le associazioni per i diritti delle donne.
Le critiche e la risposta della senatrice Bilotti
La senatrice Anna Bilotti (M5S) ha definito questa proposta "gravissima" poiché metterebbe a rischio i progressi sui diritti delle donne. Ha sottolineato che il femminicidio non è un omicidio comune, ma un reato legato alla violenza di genere, e ha difeso l'importanza della sua specifica codifica giuridica.
Il legame con il patriarcato e il dibattito in Italia
Bilotti ha evidenziato come il femminicidio sia un fenomeno radicato nel patriarcato, un sistema che ancora oggi influenza la cultura e le leggi. Ha criticato il ministro Valditara per aver definito la lotta al patriarcato "ideologica" e ha ribadito la necessità di un cambiamento culturale per affrontare la violenza di genere.
Il contesto internazionale e la difesa dei diritti delle donne
La senatrice ha collegato la proposta di Milei ad altre iniziative globali contro i diritti delle donne, come le restrizioni sull’aborto negli Stati Uniti. Ha sottolineato che i diritti conquistati non sono mai garantiti per sempre e che è fondamentale difenderli attivamente per evitare regressioni.