Come prevedibile, la notizia di un'ipotesi di riforma per trasformare i medici di famiglia da autonomi a dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale ha scatenato un acceso dibattito pubblico, soprattutto all'interno della stessa categoria.
Da tempo si discute di una riforma della medicina generale. Ora, però, una bozza di riforma è davvero in lavorazione presso il Ministero della Salute, sotto la guida del ministro Schillaci. A dare la notizia in anteprima, ieri, Milena Gabanelli nel suo Dataroom sul Corriere della Sera.
Ma non solo. La settimana scorsa anche Forza Italia ha presentato un progetto di riforma che, senza modificare lo status di autonomi dei medici di base, punta a riorganizzarne il lavoro. In particolare, il piano dei forzisti prevede un impegno settimanale di 38 ore: 20 dedicate ai pazienti e 18 assegnate dall’azienda sanitaria, dal distretto o dalle case di comunità.
Le due ipotesi di riforma – una anticipata sul Corriere, una presentata da Forza Italia – hanno però incontrato la ferma opposizione della Federazione Italiana Medici di Medicina Generale (Fimmg), uno dei sindacati maggiormente rappresentativi della categoria.
Raggiunto da Tag24.it, il vicesegretario nazionale vicario della Federazione, Pier Luigi Bartoletti, ha spiegato le ragioni della contrarietà alle due proposte.
Partendo dalla bozza diffusa dal Corriere – la quale, se confermata, permetterebbe la trasformazione dei medici di medicina generale da autonomi a dipendenti del Servizio sanitario nazionale - Bartoletti non ha commentato:
“Non commento le veline che escono sul giornale, mi sembra poco serio. Semplicemente, da medico che esercita da oltre trent’anni, dico che con quel tipo di impostazione si privatizzerà di fatto il sistema”.
Anche rispetto alla proposta di Forza Italia, che prevede essenzialmente la strutturazione dell'impegno settimanale dei medici in 38 ore e l'integrazione del loro lavoro in quello delle Case di comunità, il vicesegretario nazionale vicario della Fimmg ha espresso il suo disappunto:
“Anche qui siamo ancora nel campo della proposta di legge che, come tale, è emendabile e correggibile. Trovo singolare però che, anziché applicare il contratto collettivo nazionale siglato nel febbraio 2024 e largamente inattuato, si cerchino scorciatoie legislative. Anche in questo caso, come nella bozza di cui parlavamo prima, ci sono tanti annunci e poca sostanza. Da medico rispetto la politica ma vorrei che la politica rispettasse anche noi”.
Secondo Bartoletti, dunque, il dibattito sulla riforma dei medici di base di questi giorni è poco più che un chiacchiericcio:
“Con questi annunci le cose non migliorano, anzi, si fornisce solo una visione distorta della realtà che impatta sui medici, ovvero coloro che svolgono il lavoro. La soluzione, ribadisco, già esiste: il contratto nazionale che abbiamo siglato a febbraio 2024 e che non è mai stato attuato. Anche la politica deve assumere la sua responsabilità nei confronti dell’opinione pubblica. Non sono i medici ad aver sbagliato la programmazione degli ultimi vent’anni e aver disatteso le continue promesse. È chiaro che c’è un problema di sfiducia, come facciamo a fidarci?”
Il dubbio, però, è che l'opposizione della Fimmg riguardi anche l'eventuale soppressione di Enpam, l'Ente nazionale di previdenza e assistenza medici. Con il passaggio dei medici da lavoratori autonomi a dipendenti del Servizio sanitario nazionale, infatti, verrebbe meno il ruolo della cassa pensionistica, a oggi la maggiore di Italia, con un totale di 25.3 miliardi di euro di patrimonio e 179 milioni di euro di utili.
Tale argomentazione, secondo Pier Luigi Bartoletti, è tuttavia solo un’arma di distrazione di massa, utile a distogliere l’attenzione dai crescenti tentativi di privatizzazione della sanità pubblica:
“Questa è un’altra bufala. Il tema dei contributi esiste, ma il punto riguarda soprattutto il rapporto con il Servizio sanitario nazionale. Se la politica vuole smontare l’Enpam, che di fatto allo Stato costa meno di zero, va bene. Ma è una scelta politica e, per giunta, è un falso problema.
In un Paese dove la spesa privata è in aumento, il pubblico è sempre più in affanno e i medici scappano dagli ospedali, il problema sono i contributi della medicina generale? Si distrae il dibattito per non ammettere che si sta aprendo il mercato alla sanità privata. È una scelta politica, l’importante è che lo dicano”.
In conclusione, secondo il vicesegretario nazionale vicario della Fimmg, l'ipotesi di una riforma che renda i medici di famiglia lavoratori dipendenti, se attuata, andrà a rompere il rapporto fiduciario che esiste tra cittadini e medici, ponendo questi ultimi alle dipendenze delle aziende sanitarie, i cui obiettivi possono non coincidere con quelli dei pazienti:
“Il nostro sistema va salvaguardato e non smantellato. Io rappresento molti colleghi, giovani e meno giovani, che non vogliono andare a finire in un sistema che di fatto sarà gestito della politica.
Oggi il medico di base ha un rapporto fiduciario con il cittadino, mentre nel sistema proposto il medico risponderebbe all’azienda. Questo è quello ci preoccupa: il fatto che la politica voglia scegliere il rapporto di dipendenza dei medici, spostandolo dal cittadino all’azienda. Se le aziende saranno gestite bene magari i cittadini avranno un beneficio. Ma se saranno gestite male? Chi farà gli interessi di chi a quel punto?”