05 Feb, 2025 - 21:17

La Spagna dice sì alla settimana lavorativa corta. Scotto (Pd): “Governo approvi nostra proposta”

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Tag24.it
La Spagna dice sì alla settimana lavorativa corta. Scotto (Pd): “Governo approvi nostra proposta”

Il governo spagnolo ha approvato il disegno di legge per la riduzione della settimana lavorativa da 40 a 37.5 ore, con un voto che la ministra del Lavoro, Yolanda Diaz, non ha esitato a definire "storico". Dopo un anno dall'inizio delle contrattazioni con le parti sociali del Paese, la legge passa ora al vaglio del Parlamento, dove dovrà ottenere un via libera che non si preannuncia semplice.

La riforma è il frutto di un accordo con i due principali sindacati spagnoli, UGT e CCOO, ma non ha ottenuto il consenso delle associazioni imprenditoriali, che si sono ritirate dai negoziati in polemica con il governo. Secondo il fronte datoriale, la riduzione dell’orario di lavoro potrebbe infatti compromettere la competitività del Paese.

Il governo spagnolo approva la settimana lavorativa corta

Il passo avanti della Spagna verso la settimana lavorativa corta ha riacceso l'interesse sul tema anche in Italia, dove proprio in questi giorni torna all'esame del Parlamento la proposta unitaria elaborata dalle opposizioni negli scorsi mesi. 

Il testo, frutto della convergenza di tre diverse proposte presentate da Alleanza Verdi Sinistra, Movimento 5 Stelle e Partito Democratico, si propone di migliorare le condizioni di vita dei lavoratori attraverso la sottoscrizione di contratti collettivi nazionali che portino a una progressiva riduzione dell'orario di lavoro, a parità di salario. Secondo i proponenti, inoltre, l’introduzione della settimana lavorativa corta permetterebbe di sfruttare a pieno le possibilità offerte dallo sviluppo tecnologico, favorendo la crescita dell’occupazione e l’aumento della competitività delle imprese.

Anche in Italia il Parlamento torna a discutere

Le possibilità che la settimana lavorativa corta sia approvata a breve in Italia non sono tuttavia molte, dato lo scarso interesse mostrato dalla maggioranza di governo nei confronti del tema, come spiega a Tag24 Arturo Scotto, deputato Pd tra i firmatari della proposta di legge sulla riduzione dell'orario lavorativo:

“Martedì prossimo torna in aula la proposta di legge presentata dalle opposizioni. Il nostro testo, simile a quello spagnolo, prevede la contrattazione sindacale e un triennio di sperimentazione per la riduzione dell’orario di lavoro fino a 32 ore settimanali, con incentivi alla decontribuzione per piccole e medie imprese. 

Già lo scorso ottobre, tuttavia, il Governo ha presentato un emendamento per sopprimere la proposta di legge, tentando un blitz, come peraltro accaduto anche per il disegno sul salario minimo. Quando il testo è giunto in aula, il sottosegretario Durigon ha richiesto un ulteriore rinvio, dichiarando che la maggioranza avrebbe avanzato una propria proposta sul tema. 

La proposta non è tuttavia mai arrivata. Il nostro timore è che martedì prossimo il Governo mandi di nuovo all’aria la nostra proposta".

Scotto: “Tutta l’Europa va verso riduzione orario lavoro”

Nonostante l’iniziale apertura del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, la proposta di introdurre la settimana lavorativa corta non ha mai ottenuto un reale sostegno da parte della maggioranza. Tuttavia, il tema continua a suscitare un forte interesse nel Paese. Secondo il deputato Scotto, questa attenzione è alimentata da diversi fattori:

“Tutte le democrazie europee stanno intraprendendo questa strada: chi per via legislativa, come la Spagna, chi per via sperimentale, come la Germania, la Gran Bretagna e il Belgio. C’è un motivo: la nostra società sta attraversando i cambiamenti della Quarta rivoluzione industriale. Nella storia, tutte le grandi rivoluzioni sono state accompagnate da una riduzione significativa dell’orario di lavoro. Oggi, per di più, esiste il grande tema dell’impatto dell’Intelligenza artificiale. 

C’è poi una sensibilità legata al periodo post pandemia. Il tema della conciliazione vita – lavoro è riesploso dopo il lockdown, un momento che ha fatto riscoprire alle persone il tempo libero fino a quel momento sottratto dal lavoro. 

I lavoratori, infine, chiedono il diritto di disconnessione. A tale bisogno abbiamo risposto presentando un testo di legge che garantisca che, al termine dell’orario di lavoro pattuito sul piano contrattuale, il lavoratore abbia diritto di staccare e non essere reperibile”.

Settimana lavorativa corta, i benefici economici e ambientali

Come spiega il deputato dem, la settimana lavorativa corta non risponde solo alle esigenze individuali, ma apporta benefici all’intero sistema sotto il profilo economico, sociale e ambientale:

La riduzione dell’orario lavorativo permette di tutelare i posti di lavoro e, a parità di salario, aumentare la produttività, come dimostrano le sperimentazioni fatte in alcune grandi aziende italiane come Luxottica, Lamborghini, Lavazza e Intesa Sanpaolo.

Si tratta di un elemento da non trascurare: vorrei ricordare che in Italia, nonostante si lavori più ore della media europea, i salari e la produttività sono fermi da trent’anni. Infine, la settimana lavorativa corta determina benefici ambientali: una rimodulazione degli orari di lavoro significa meno traffico e meno emissioni, e dunque una società più sostenibile”.

La denuncia di Scotto: “Questo è il governo della precarietà”

L’opposizione mostrata dalla maggioranza tanto al tema della settimana lavorativa corta quanto minima rivelano, nell’argomentazione del deputato dem, quello che è l’approccio del governo Meloni ai temi del lavoro:

Da quando si è insediata a Palazzo Chigi, Meloni ha liberalizzato i contratti a termine, ha allargato l’uso dei voucher, ha eliminato i diritti all’informazione per i lavoratori delle piattaforme, legandoli esclusivamente alle decisioni dell’algoritmo. E sono solo alcuni esempi. Noi ci troviamo di fronte a un governo che ha scelto la strada della precarietà.

I dati sull’occupazione spesso rivendicati da Meloni non tengono conto che, nella fascia tra i 18 e i 35 anni, la disoccupazione continua a crescere. I contratti a tempo indeterminato aumentano solo tra gli over 55, per effetto dell’allungamento dell’età pensionabile. I giovani – e in particolare le donne - che vivono le condizioni di lavoro peggiori tra precarietà, lavoro intermittente e salari bassi, se ne vanno all’estero. Questa è la realtà dell’azione del governo, che sceglie di competere sulla scena globale contraendo le tutele a beneficio dei lavoratori”.

Referendum sul lavoro, per Scotto è occasione per il Pd

Sul fronte del dibattito politico sul lavoro, in ogni caso, si prospetta una primavera calda. Tra aprile e giugno, infatti, gli italiani saranno chiamati alle urne per un referendum su quattro quesiti promossi dalla CGIL: l'abrogazione della disciplina sui licenziamenti nel contratto a tutele crescenti del Jobs Act, l'eliminazione del tetto all'indennità per i licenziamenti nelle piccole imprese, la modifica di alcune norme sui contratti a termine e l'esclusione della responsabilità solidale di committente, appaltante e subappaltante negli infortuni sul lavoro.

Se tre dei quattro quesiti hanno trovato il sostegno compatto del Partito Democratico, il tema del Jobs Act – riforma voluta dall'allora premier dem Matteo Renzi – ha creato divisioni interne al partito. Interrogato in merito, Scotto è netto sulla sua posizione:

“Nel 2014 io ero capogruppo di una forza politica, SEL – Sinistra ecologia e libertà – che si oppose fortemente al Jobs Act, nella convinzione che quel provvedimento avrebbe reso più ricattabile il lavoro. L’eliminazione dell’obbligo di reintegro in caso di licenziamento senza giusta causa leva potere al lavoro, spostandolo ancora di più verso l’impresa.

L’articolo 18 riusciva a mantenere in equilibrio i rapporti tra impresa e lavoro: averlo eliminato, non a caso, ha indebolito ulteriormente il potere contrattuale dei sindacati e dei lavoratori.
 
A partire da questo punto di vista bisogna rimettere mano nella materia. Io ho firmato i quesiti, così come ha fatto la segretaria Schlein. Il referendum è uno strumento importante e, in questo caso, ci sono diversi quesiti fondamentali da votare, come quello che interviene sulla sicurezza dei luoghi di lavoro introducendo la responsabilità dell’impresa appaltante. Io credo che sarà importante battersi per questi referendum, nel segno di un cambio importante delle politiche del Pd sul lavoro”.

 

 

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Federica Palladini
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