La storia è fatta di date e di eventi. Un lungo susseguirsi di numeri e fatti. Sull'attentato dell'11 settembre 2001 di racconti ce ne sono stati una marea. D'altronde come non "liberarsi" di tutta quella devastazione, di quel dolore, se non incanalandolo in un prodotto mediale?
Con oltre 6mila feriti, 19 terroristi e quasi 3mila vittime, l'attacco alle Torri Gemelle nel cuore di New York è una ferita ancora sanguinante per gli Stati Uniti e per il mondo intero. Lo è stata anche per la giornalista Oriana Fallaci, che in un lunghissimo l'articolo de Il Corriere della Sera, pubblicato il 29 di quello stesso mese, ha espresso tutta la propria cieca furia.
Sebbene la scrittrice fosse già nota per le due posizioni contro l'Islam, dopo l'attentato quelle idee sono divenute ancora più granitiche, costringendo la sua indole combattiva ad analizzare la stessa essenza della religione islamica pur di ritrovare le vere radici dell'odio.
Un percorso tortuoso che l'ha portata a mettere nero su bianco una dura invettiva, a metà fra la riflessione saggistica e lo sfogo contro un nemico per tutto l'Occidente: "La rabbia e l'orgoglio".
Nel 2001, Oriana Fallaci si era ritirata a vita privata, sparendo alla vista del grande pubblico, già da diversi anni. Quasi dieci anni di lungo silenzio per concentrarsi su "Un cesto pieno di ciliege", su se stessa e sul quel terribile cancro che lentamente le mangiava i polmoni.
Un isolamento voluto, quasi da eremita, nella sua casa di Manhattan, dove dopo quelli che al mondo sono sembrati secoli è riuscito a entrare Il Corriere della Sera di Ferruccio De Bortoli. Solo la testa per cui ha lavorato è riuscita a strappare a Oriana Fallaci il prorompente scritto sulla tragica vicenda dell'attentato alle Torri Gemelle dell'11 settembre 2001.
Pensieri, un caos di emozioni intense e un pozzo profondo di rabbia si è riversato su quelle pagine pubblicate dalla testa a quasi 20 giorni dalla tragedia. Un articolo, poi, diventato libro, dal titolo "La rabbia e l'orgoglio".
Tanti i temi affrontati in neppure 200 pagine di saggio, dal ricordo e dalle emozioni provate quel nero giorno all'Islam come religione, passando per una profonda analisi dell'Occidente, della sua cultura e soprattutto della sua decadenza, esacerbata dal proliferare dell'islamismo.
Uno sfogo di testa e cuore, gettato quasi con violenza nelle mani di De Bortoli e chiudendosi la porta alle spalle:
Per Oriana Fallaci il terrorismo non è il problema. Non lo è neppure l'uomo in sé. La radice del male è lo stesso fondamento Islamico. Non usa mezzi termini la giornalista nello scrivere queste idee, controverse, provocatrici e assolutamente scioccanti per l'epoca.
Infondo, come lei ha detto: "Qualcuno doveva dirle", anche a costo di attirarsi addosso l'odio del mondo. Un odio che la scrittrice ha contrastato a suon di rabbia e orgoglio ferito. Squarciata come le due Torri Gemelle, crollate sotto l'impatto dei due aerei, dilaniate dal fuoco insieme a tutti coloro che si trovavano al loro interno.
"Un coltello infilzato nel burro" ha scritto Oriana Fallaci, per descrivere la sensazione provata nel vedere i filmati dell'attentato. Ma prima della rabbia c'è il gelo per la scrittrice, paralizzata davanti alla televisione con l'audio sfarfallante, mentre le figure della gente si muoveva scomposta sullo schermo, "nuotando" nell'aria.
Il libro, così come l'articolo del Corriere, appare come un testo violentissimo sia emotivamente che politicamente, tanto da tacciarla di razzismo per le sue crudissime affermazioni.
Ecco alcuni dei passi del lungo articolo che ha scritto, prima di chiudere il suo "attacco" verbale con la frase: "Stop. Quello che avevo da dire l'ho detto. La rabbia e l'orgoglio me l'hanno ordinato. La coscienza pulita e l'età me l'hanno consentito. Ora basta. Punto e Basta".