Definizione di "oriundo": chi, nato e residente in un'altra nazione, discende da antenati (o genitori) del paese d'origine di cui ottiene la cittadinanza. È stato il caso di Omar Sívori, mezzala per definizione; quel cognome profuma di piccoli borghi italiani: Giulio Sivori, il padre, veniva da un piccolo paesino ligure, Cavi di Lavagna; la madre, invece, era abruzzese.
I geni erano italiani al cento per cento, solo la lingua era da affinare, poiché oltreoceano il ragazzo ci aveva messo piede solo per calcare l'erbetta dei campi da calcio. Bassetto, ricciolino e pieno di lentiggini, in un calcio fisico e grezzo come quello degli anni '60 nessuno gli avrebbe dato poi così tanta fiducia. Ma quando lo hanno visto giocare con il pallone tra i piedi si sono convinti presto che quel piccoletto avrebbe cambiato la storia di quello sport.
Aveva appena 70 anni quando uno dei più talentuosi oriundi della storia del calcio italiano e mondiale ha lasciato questo mondo. La diagnosi di un tumore al pancreas se lo portò via in poco tempo nel 2005, impedendo a Sívori di dare un ultimo contributo a questo fantastico sport.
Sívori aveva vestito le maglie più prestigiose della Serie A del tempo, passando per Juventus e Napoli: coi bianconeri aveva formato un trio leggendario lì davanti, al fianco di Giampiero Boniperti e John Charles. In tre avevano incantato il panorama calcistico mondiale vincendo tre scudetti e due Coppe Italia.
Fu uno dei primi a introdurre il ruolo di fantasista, con quel piede mancino, dotato di un dribbling sopraffino e una visione di gioco fuori dal comune, che raramente l'Italia aveva visto. Il suo carattere era provocatorio e irriverente nei confronti degli avversari, e spesso gli era valso squalifiche ed espulsioni. Personalità che poi il giocatore ha affinato con il tempo.
La carriera di El Cabezon, come lo definivano in tanti per via della sua spiccata capigliatura sul corpo esile, partì dall'Argentina nel lontano 1954, in uno dei club più prestigiosi della terra albiceleste: il River Plate. Tra la metà e la fine degli anni '50 contribuì a portare il club in alto, conquistando tre campionati argentini; non passò molto tempo perché la Juventus, uno dei club più vincenti al mondo, lo chiamasse in Italia.
Di fatti, nel 1957 i bianconeri lo acquistarono per una cifra record di 10 milioni di pesos (uno dei trasferimenti più costosi del tempo).
Fu proprio al termine dell'ultima gloriosa stagione con i bianconeri che il giocatore riuscì a conquistare il premio individuale più prestigioso per un calciatore: il Pallone d'Oro. Nel frattempo Sívori, pur avendo disputato numerosi match con la nazionale argentina, decise di ottenere la cittadinanza italiana e disputare le competizioni internazionali con gli azzurri.
Proprio per questo motivo la mezzala più famosa di tutti i tempi è considerata il primo calciatore italiano ad aver vinto un Pallone d'Oro nel 1961. Gli anni '60 furono gloriosi per i talenti italiani, poiché nel '69 anche Gianni Rivera mise le mani sulla sfera dorata, battendo la concorrenza di un altro italiano rimasto nella storia: Gigi Riva.
Entrambi attaccanti, entrambi nati in Argentina, ma con origini italiane: la storia di Mateo Retegui non può che essere accostata al fantasista ex Juve. Nonostante un inizio difficile nel campionato italiano, l'argentino ex Tigre ora è il capocannoniere della Serie A con 20 gol fatti, e ha ancora 13 giornate per incidere ulteriormente sulla classifica marcatori.
I ruoli, ovviamente, sono diversi, e Retegui dovrà fare tanta strada per affermarsi ai livelli dell'ex Pallone d'Oro. Al momento il numero 32 dell'Atalanta è ancora in corsa per vincere la Scarpa d'Oro: solo Mohamed Salah e Viktor Gyökeres hanno segnato più di lui nei maggiori campionati europei.