Lo abbiamo appreso nelle ultime ore: Cristiano Ronaldo non è convocato per la sfida di Champions League asiatica ad Esteghlal, in Iran. L'episodio ha riportato l'attenzione della comunità internazionale, soprattutto per le ragioni che ci sono dietro l'esclusione del portoghese. Potremmo considerarla più una precauzione presa dal giocatore, visto quello che rischia. Durante una trasferta a Teheran nel 2023, Ronaldo ha incontrato a fine match un'artista iraniana affetta da disabilità, famosa per le sue abilità nel dipingere con i piedi.
Un gesto d'affetto è arrivato dal giocatore portoghese, che ha baciato la donna sulla fronte. Ronaldo, però, non aveva idea che compiere una simile azione avrebbe comportato non poche ripercussioni legali: secondo la legge iraniana un simile contatto tra uomo e donna non sposati può essere interpretato come adulterio, punibile con cento frustate.
L'Al Nassr, la squadra di Ronaldo, ha chiesto insistentemente alla lega di poter disputare l'incontro in campo neutro, ma la richiesta è stata respinta, costringendo il club saudita a rinunciare al campione.
Mentre nel mondo si lotta quotidianamente per la parità di genere, l'Iran sembra essere ormai un caso a parte, un mondo in cui regnano regole fantascientifiche, come la negazione di un semplice abbraccio. Certamente Cristiano Ronaldo avrebbe potuto sapere delle conseguenze che derivano dal contatto tra uomo e donna, ma negare l'affetto e un gesto così significativo in un campo da calcio è parte di un'assurdità inaudita, a cui il giocatore non ha badato.
Altrettanto assurdo è il fatto che il campione debba rinunciare a giocare a calcio per non presentarsi nei confini iraniani. Da questo punto di vista, purtroppo, il caso del campione portoghese non è isolato: ci sono casi ben più gravi che meritano la giusta attenzione.
Da quando il calcio è approdato anche in Asia, sono stati diversi i calciatori iraniani puniti per comportamenti ritenuti contrari alle severe norme morali del paese. Elencarli tutti sarebbe impossibile: negli ultimi anni possiamo annoverare decine di condanne.
Nel 2022 il difensore del Persepolis, Hossein Kananizadegan, è stato sospeso dal mondo del calcio per mesi dopo aver pubblicato un video in cui appariva in compagnia di una donna in un luogo privato. Nel 2023 Mehdi Ghaedi, attaccante dell'Esteghlal (la stessa città in cui avrebbe dovuto giocare Ronaldo), è finito nell'occhio del ciclone per una foto scattata con una tifosa senza velo durante una trasferta all'estero.
Poco tempo dopo anche il portiere della stessa squadra, Hossein Hosseini, è stato messo sotto inchiesta per un video che lo mostrava interagire con una fan a un evento pubblico, provocando non poche reazioni indignate tra i conservatori del regime iraniano.
Il dato curioso è che le restrizioni non si limitano solo ai giocatori: anche un arbitro iraniano è stato sospeso dal suo incarico per aver stretto la mano a una collega donna durante una competizione internazionale, un caso che al tempo aveva attirato l'attenzione di tutto il mondo.
Il caso di Cristiano Ronaldo, così come le punizioni inflitte a decine di calciatori in Iran, evidenzia un dato importante: il calcio, che nasce come simbolo di libertà e inclusione, si mischia ancora troppo all'ideologia politica del paese. Inutile ancora la lotta della FIFA e delle principali organizzazioni calcistiche internazionali, che si impegnano a promuovere la libertà di genere e di espressione.
In molti paesi ancora non è così, e l'Iran rappresenta l'apice di questo concetto, mentre infligge punizioni ancora severissime agli sportivi, che talvolta sono sfociate anche in condanne a morte. La crescente pressione internazionale potrebbe portare a un cambiamento, ma prima che questo accada dovrà cambiare il regime in un paese che sembra andare sempre più in controtendenza rispetto agli ideali di inclusione.