15 Apr, 2025 - 19:06

Petizione per Alemanno, Rita Bernardini: “Ho firmato perché è irrazionale tenerlo in carcere”

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Petizione per Alemanno, Rita Bernardini: “Ho firmato perché è irrazionale tenerlo in carcere”

Una raccolta di firme è stata presentata oggi a Roma per chiedere la scarcerazione di Gianni Alemanno. La petizione, intitolata “Ma non ha già sofferto abbastanza?”, si rivolge alle autorità affinché l’ex sindaco di Roma venga scarcerato e possa tornare all’affidamento in prova presso i servizi sociali.

Tra i primi firmatari figurano Luigi Manconi, Roberto Giachetti, Piero Sansonetti, Francesco Borgonovo, Annalisa Terranova, Mauro Mazza, Franco Cardini, Marcello Veneziani e, per Nessuno Tocchi Caino, Rita Bernardini, Sergio D’Elia ed Elisabetta Zamparutti. Sul fronte parlamentare, hanno già aderito Alessandro Amorese, Marco Cerreto e il sottosegretario Claudio Barbaro. Un fronte composito, dunque, che riunisce personalità con percorsi e sensibilità molto differenti.

Alla conferenza stampa di stamattina, Manconi, Giachetti, Sansonetti e Bernardini – affiancati dai vertici del movimento politico di Alemanno, Indipendenza, rappresentato da Massimo Arlechino e Marcello Taglialatela – hanno sottolineato come la vicenda dell’ex sindaco sollevi una questione più ampia: quella del principio di proporzionalità della pena e del delicato equilibrio tra il rigore del sistema e i diritti della persona.

Perché Gianni Alemanno è in carcere

Gianni Alemanno è stato arrestato la notte del 31 dicembre scorso, in seguito alla revoca dell’affidamento ai servizi sociali stabilita a causa della violazione delle prescrizioni imposte dai magistrati di sorveglianza.

L’ex sindaco di Roma stava scontando una condanna a un anno e dieci mesi per finanziamento illecito e traffico di influenze, nell’ambito dell’inchiesta Mafia Capitale. Aveva ottenuto la possibilità di trascorrere il periodo residuo in detenzione domiciliare, svolgendo lavori socialmente utili presso l’associazione So.Spe. – Solidarietà e Speranza, fondata da suor Paola D’Auria, recentemente scomparsa.

Secondo i magistrati, Alemanno avrebbe ripetutamente violato le condizioni previste, tra cui il rispetto degli orari e la frequenza regolare della struttura, motivando alcune assenze con impegni poi risultati non veritieri.

L’arresto, avvenuto durante la festa di Capodanno, ha suscitato nelle settimane successive un ampio dibattito. In molti hanno sollevato dubbi non tanto sulla legittimità del provvedimento – formalmente corretto – quanto sull’opportunità della sua tempistica. 

In un momento di forte pressione sul sistema penitenziario, si è inoltre utilizzato il caso di Alemanno per discutere l’opportunità di aggravare la pressione sui penitenziari italiani con l’ingresso di persone le cui pene potrebbero essere scontate attraverso il ricorso a misure alternative. 

Rita Bernardini: "Vicenda irragionevole"

È proprio nel contesto della situazione allarmante che vive il mondo carcerario  – con oltre 62mila detenuti a fronte di una capienza effettiva di circa 47mila posti, e un tasso di sovraffollamento che ha raggiunto il 132% – che si inserisce l’appello lanciato dalla petizione in favore di Gianni Alemanno. 

La mobilitazione, nelle sue intenzioni, intende infatti richiamare l'attenzione “oltre la vicenda personale di Alemanno”, andando a investire “il principio di proporzionalità della pena e il bilanciamento tra rigore giudiziario e diritti della persona”. 

Rita Bernardini, presidente di Nessuno Tocchi Caino e da sempre in prima linea per un sistema penitenziario più umano, ha spiegato ai microfoni di Tag24 le ragioni della sua firma:

Sono convinta che sia stata la passione politica e civile a portare Gianni Alemanno a violare le prescrizioni del magistrato di sorveglianza nel corso del suo affidamento ai servizi sociali.

Che egli debba scontare l’intera pena di 22 mesi in carcere per queste piccole trasgressioni (come può essere ritardare di qualche minuto il rientro a casa) mi appare irragionevole, tanto quanto continuare a tenere in galera quei condannati con ottima condotta penitenziaria a cui è rimasto un residuo pena breve. Il tutto mentre mancano i posti per 16.000 di loro.

Trovo molto bello ed esemplare che Gianni Alemanno, dallo squallore di una cella di Rebibbia, si impegni e lotti per i diritti calpestati di tutta la comunità penitenziaria”.

Gli interventi di Manconi e Giachetti

Oltre a Bernardini, l’appello affinché l’ex sindaco di Roma possa tornare all’affidamento in prova è stato sottoscritto da numerose personalità del mondo politico, al di là delle appartenenze partitiche e delle vicende individuali.

Tra loro anche Luigi Manconi, ex senatore del Partito Democratico e presidente dell’associazione A Buon Diritto, che nel suo intervento ha spiegato di aver aderito alla petizione perché «al suo interno è contenuta una grande verità: il criterio della proporzionalità è uno dei fondamenti essenziali del diritto moderno. L’appello insiste sul carattere sproporzionato della sanzione inflitta a Gianni Alemanno. Io penso sia cosa giusta che possa tornare all’affidamento ai servizi». Secondo Manconi, questa vicenda si inserisce poi nel quadro del «prossimo fallimento del sistema penitenziario italiano, ormai documentato da mille tragici eventi».

Sulla stessa linea anche Roberto Giachetti, deputato di Italia Viva, che ha voluto sottolineare la propria distanza politica da Alemanno: «Un motivo in più per esserci. Alemanno ha sbagliato: la sua pena non è un errore giudiziario». Tuttavia, ha aggiunto, «o proviamo a iniziare culturalmente un nuovo approccio alla detenzione e all'amministrazione della giustizia, oppure non ne usciamo».

Le lettere dal carcere di Gianni Alemanno

Durante questi mesi di detenzione, Alemanno ha continuato a intervenire nel dibattito politico, affidando al suo staff i propri commenti dalla cella, poi pubblicati sui suoi canali social. Ma non solo: ha anche iniziato a raccontare la propria esperienza quotidiana attraverso quello che ha definito il suo “Diario di cella”.


In un post del 25 marzo, Alemanno ha denunciato l’indifferenza della politica verso il tema carcerario, un atteggiamento che – a suo dire – genera profonda delusione tra i detenuti. In quell’occasione, ha raccontato come molti reclusi, seguendo il dibattito parlamentare sull’emergenza carceri, avessero sperato in segnali concreti. Le loro aspettative sono state tuttavia disattese: il confronto si è per loro rivelato più utile a marcare le differenze tra i partiti che a offrire soluzioni reali.

«"Abbiamo difeso la certezza della pena", diranno a destra; "abbiamo denunciato l’insensibilità sociale delle destre", ribatteranno a sinistra». Così, secondo Alemanno, il dibattito politico prosegue lontano dalle esigenze fondamentali dei detenuti. 

La realtà, denuncia l'ex sindaco, è  tuttavia fatta di carceri sovraffollate, dove la riabilitazione è spesso una chimera e l’esperienza detentiva finisce per moltiplicare le possibilità di recidiva. Non solo: «Non ci si rende conto che, prima ancora di inventare nuove leggi, bisognerebbe applicare quelle già esistenti, troppo spesso rimaste lettera morta per mancanza di organico nei Tribunali di Sorveglianza e tra gli educatori. Per non parlare di una Polizia penitenziaria ormai allo stremo».

L'articolo in quattro punti

  1. Una petizione per Gianni Alemanno. È stata presentata a Roma una petizione per chiedere che Alemanno, attualmente detenuto, possa tornare a scontare la pena tramite l’affidamento in prova ai servizi sociali.

  2. Le motivazioni della mobilitazione.Tra i firmatari figurano personalità trasversali del mondo politico e culturale. Il caso viene usato come simbolo per denunciare la sproporzione di certe pene e la crisi del sistema penitenziario, come sottolinea Rita Bernardini, presidente di Nessuno Tocchi Caino.

  3. Critiche al sistema carcerario. Il dibattito pubblico si è concentrato sulla legittimità dell’arresto e sulla sua tempistica, in un momento in cui le carceri italiane soffrono di sovraffollamento e carenze strutturali.

  4. Il diario di cella di Alemanno. L’ex sindaco continua la sua battaglia politica dalla cella di Rebibbia, denunciando l’inefficienza del sistema e chiedendo un approccio più umano e riformista alla giustizia penale.

 

 

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Federica Palladini
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