C’è qualcosa di irresistibilmente italiano nell’applaudire una sentenza britannica che stabilisce, con la solennità di una toga londinese, che una donna è solo chi nasce biologicamente tale. Finalmente, gridano in molti, la scienza ha parlato! La biologia ha vinto! Il buon senso ha trionfato! E tra i più entusiasti, come da copione, si staglia la figura dell’europarlamentare della Lega, Roberto Vannacci, che tra un’invettiva contro le minoranze e una lezione di “normalità” trova pure il tempo di celebrare il verdetto come se fosse la liberazione di Milano.
Ma la vera commedia, quella che solo il Belpaese sa mettere in scena, si gioca altrove: nelle stanze chiuse, dietro schermi retroilluminati, dove l’Italia, mentre in piazza si indigna contro i diritti delle persone trans, si scopre leader mondiale nel consumo di pornografia con protagonisti transgender. Sì, avete letto bene: siamo i primi al mondo per visualizzazioni di video porno trans, con numeri che doppiano la media globale. Altro che Brexit: qui la vera uscita è dalla coerenza.
Vannacci e sodali ci tengono a precisare che la normalità va difesa come le mura di Troia: guai a cedere al “trasformismo abominevole” delle minoranze, guai a confondere la realtà con la percezione, guai a mettere in dubbio la sacra immutabilità del sesso biologico. E giù con le solite tirate: la società è sotto assedio, le minoranze prevaricano, la lingua italiana minacciata da ingegneri e colonnelle, la famiglia tradizionale in pericolo. Il tutto mentre si invoca il ritorno al buonsenso, quello che – a sentire certi politici – dovrebbe risolvere ogni problema, dal bagno per i transgender all’invasione dei cinghiali.
Ma appena cala la notte e si chiudono le persiane, ecco che l’italiano medio si trasforma: la tastiera diventa il suo confessionale, Pornhub la sua cattedrale, e la categoria “trans” la sua personale via crucis. “Si fa ma non si dice”, recita il vecchio adagio dell’ipocrisia nazionale, e mai come oggi è attuale.
Secondo i dati di Pornhub, l’Italia è il Paese che cerca e guarda più pornografia con persone transgender al mondo: +100,5% rispetto alla media globale, con il Brasile secondo distanziato di oltre 40 punti percentuali. In altre parole, mentre in pubblico si demonizza la “teoria gender” e si invocano crociate contro la “dittatura del politicamente corretto”, nel privato si consuma avidamente proprio ciò che si finge di detestare.
E non basta: la maggior parte dei click arriva da uomini over 55, la stessa fascia demografica che più spesso si scaglia contro i diritti delle persone trans e che, nei sondaggi, si dichiara paladina della “famiglia naturale”. Insomma, la generazione del “non sono razzista, ma…” che, a quanto pare, non è transfobica… almeno quando nessuno guarda.
C’è qualcosa di tragicomico nel vedere un Paese che, a parole, si erge a baluardo della morale e della tradizione, mentre nei fatti si abbandona a feticismi che la stessa morale condanna. L’Italia è il Paese dove l’educazione sessuale a scuola è una “nefandezza”, ma il porno trans è una passione nazionale. Dove i diritti delle persone transgender vengono ostacolati in Parlamento, ma i loro corpi sono oggetto di desiderio segreto e compulsivo.
Il Movimento Identità Trans lo dice chiaramente: “La nostra società ci incasella in feticismi sessuali ma fallisce nel riconoscere e rispettare la nostra dignità e i nostri diritti”. Siamo mercificati online e discriminati offline. E la politica, invece di affrontare la contraddizione, preferisce alimentarla, tra retorica paternalistica e crociate ideologiche.
Ecco allora che la sentenza della Corte Suprema britannica diventa il nuovo vessillo di una battaglia tutta italiana: quella per la coerenza apparente, per la difesa di una normalità che esiste solo nei comizi e nei talk show. Nel frattempo, la realtà scorre parallela, fatta di click, visualizzazioni e desideri inconfessabili.
La vera domanda, a questo punto, non è più se una persona trans possa essere considerata donna per legge. La vera domanda è: può un italiano essere considerato coerente? Può un Paese che detiene il record mondiale di consumo di pornografia trans permettersi di fare la morale a chiunque? Forse sì, ma solo se si accetta di vivere in quella terra di mezzo che è la doppia morale, dove tutto è concesso purché non si dica, dove la vergogna è solo pubblica e il piacere rigorosamente privato.
In fondo, l’Italia è sempre stata la patria delle grandi contraddizioni: cattolica e libertina, moralista e trasgressiva, repressiva e desiderosa. Una nazione dove la legge è uguale per tutti, ma la realtà è diversa per ciascuno. Dove si può essere transfobici di giorno e transamanti di notte. Dove la politica si indigna e il popolo si eccita.
E allora, forse, la sentenza britannica è davvero lo specchio perfetto per l’Italia di oggi: una nazione che applaude la biologia mentre si perde nella fantasia, che difende la normalità mentre nega la propria natura, che si scandalizza di ciò che desidera e desidera ciò che condanna.
Benvenuti nel Paese del “si fa ma non si dice”. Dove la coerenza è un optional, l’ipocrisia una religione e la pornografia trans… una passione nazionale.