Si torna, ancora una volta, a parlare di castrazione chimica per gli stupratori. A far tornare al centro dei dibattiti la misura è il ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli. L'esponente leghista ha rilanciato la proposta, più volte avanzata dal suo partito, dopo i recenti casi di cronaca verificatisi a Busto Arsizio, nel varesotto, e a Mestre, in provincia di Venezia, dove si sono verificati due episodi di violenza sessuale.
La legge sulla castrazione chimica è da sempre al centro delle battaglie della Lega. Da circa due anni, il Carroccio cerca di portare avanti una proposta di legge che possa introdurre anche in Italia questa misura, che incontra però sempre opposizioni o stop improvvisi. Già in altri Paesi, la castrazione chimica è legge: basti pensare alla Germania e alla Francia in Europa, assieme a molti altri Stati in Asia e Oceania.
Sono diversi i motivi per cui la castrazione chimica non è consentita in Italia. Tra le diverse motivazioni ci sono quelle giuridiche, costituzionali e mediche. Basti pensare all'articolo 27 della nostra Costituzione, che riguarda il fine delle pene, e all'articolo 32, riguardante i trattamenti sanitari. A questi si sommano anche le disposizioni della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (Cedu) e l'etica medica. A oggi, è difficile trovare una soluzione per poter realizzare una legge sulla castrazione chimica nel nostro Paese.
È ora di tornare a parlare di castrazione chimica. A dirlo è il ministro Calderoli, a seguito dei due stupri avvenuti a Busto Arsizio e Mestre nei giorni scorsi. L'esponente leghista ha suggerito al Parlamento di riesaminare la sua proposta di legge riguardante la castrazione chimica: già nel 2023, il Carroccio, dopo lo stupro di gruppo a Palermo, aveva avanzato la volontà di portare avanti una battaglia per l'introduzione di una legge sulla castrazione, che però non ha mai visto la luce.
Nel 2024, invece, la Camera aveva aperto alla possibilità di un tavolo tecnico sulla castrazione chimica, ma da allora non ci sono stati aggiornamenti sulla questione.
Recentemente il Madagascar ha approvato la castrazione chimica per reati su minori. Stati come Russia, Indonesia, Australia, la Germania e il Pakistan hanno adottato misure simili in passato. In Europa, assieme alla Germania, la Francia prevede che la castrazione chimica non possa essere disposta direttamente da un giudice.
Si tratterebbe infatti di una decisione affidata a un medico, che, su richiesta di un tribunale penale o di una corte d'assise, valuterebbe se il trattamento volto a ridurre la libido del condannato sia appropriato.
Come funziona la castrazione chimica? Questa misura comporta la somministrazione di farmaci capaci di bloccare gli impulsi sessuali, arrivando a interferire con la produzione di testosterone. Si tratta di un trattamento reversibile e che, pertanto, può essere interrotto in qualsiasi momento, a differenza della castrazione chirurgica.
A ostacolare la legge sulla castrazione chimica ci sono diversi motivi. Tra tutti, la Costituzione, l'etica medica e il diritto internazionale: l'articolo 27 e 32 disciplinano il trattamento sanitario e lo scopo delle pene. La castrazione chimica rischia di interferire con entrambi gli articoli della Costituzione.
Secondo l'articolo 27 della Costituzione:
La castrazione chimica, laddove obbligatoria, potrebbe essere considerata non rieducativa.
Mentre per quanto riguarda l'articolo 32:
La misura, infatti, potrebbe ledere la dignità dell'individuo e il trattamento rischierebbe di non avere natura medica, bensì punitiva. Principi non troppo distanti da quelli stabiliti dall'articolo 3 della Cedu riguardante i trattamenti inumani. Già in passato, la castrazione chimica è stata oggetto di grandi discussioni. A oggi, si cerca di lavorare a una legge che possa tutelare le vittime e garantire la rieducazione dell'aggressore.