In Brasile, dove il calcio è considerato alla stregua di una religione laica, c'è chi tifa con lo stesso ardore per una squadra ben diversa da Palmeiras o Cruzeiro. Parliamo della Lega di Matteo Salvini, che in terra carioca ha una base sorprendente di sostenitori. In questi giorni, però, il loro entusiasmo si rivolge a una battaglia tutta politica: opporsi al decreto italiano che restringe lo ius sanguinis, il diritto alla cittadinanza per i discendenti degli emigrati.
Il Brasile, come l'Argentinae l'Uruguay, è stata in passato luogo dove tanti cittadini italiani si sono costruiti una vita per sfuggire alla povertà delle loro regioni o città natali. A capeggiare la rivolta è una figura singolare: Luis Roberto di San Martino Lorenzato di Ivrea, ex deputato leghista che si dichiara discendente del re Arduino, marchese d'Ivrea e principe del Canavese.
Da un lato, Lorenzato rivendica un legame viscerale con l'Italia, fatto di sangue e tradizione; dall'altro, la sua parabola politica - dalle assenze in Parlamento alle amicizie con Jair Bolsonaro - racconta di un'identità più fluida, che si muove fra Brasile e Italia.
Lorenzato, 53 anni, è un tipo che non passa inosservato. Nato a Ribeirão Preto, nel cuore di San Paolo, è un avvocato, imprenditore agricolo e produttore di vini - fra i quali spicca uno chiamato "Arduino". La sua famiglia, originaria del Canavese, emigrò in Brasile alla fine dell'Ottocento, portando con sé un'eredità nobiliare che Lorenzato sfoggia con orgoglio: sul suo biglietto da visita non c'era il simbolo della Lega, ma uno stemma con elmo e martello.
Eletto deputato nel 2018 nella circoscrizione estera dell'America Meridionale con quasi 12mila voti, ha rappresentato la Lega fino al 2022. Ma la sua carriera parlamentare non è stata esattamente un modello di presenza: durante la pandemia, Lorenzato è rimasto in Brasile 14 mesi, assentandosi dalla Camera e continuando a percepire lo stipendio (secondo le stime, fra i 150 e i 180mila euro).
Tra un post Facebook in cui invocava Santa Giacinta contro il Covid e un altro in cui promuoveva il suo vino come rimedio naturale, il deputato carioca si è fatto notare più per le sue assenze che per i suoi interventi in aula.
Oggi, però, Lorenzato è tornato sotto i riflettori, e non per le sue nobili ascendenze o per il suo Nebbiolo. È il volto della protesta contro il "Pacchetto Cittadinanza", il decreto approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 28 marzo 2025 che riforma l'acquisizione della cittadinanza.
Il provvedimento, voluto dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, introduce paletti più rigidi per lo ius sanguinis: la cittadinanza sarà riconosciuta automaticamente soltanto ai discendenti di seconda generazione (chi ha un genitore o un nonno nato in Italia) e, in futuro, richiederà un "vincolo effettivo" con l'Italia, come l'esercizio di diritti e doveri civici ogni 25 anni.
L'obiettivo? Contrastare abusi e la "commercializzazione" dei passaporti italiani, un fenomeno che secondo il governo è particolarmente diffuso in Brasile, dove vivono milioni di italo-discendenti.
Per la comunità leghista brasiliana, questo decreto è un affronto. Lorenzato, che su Facebook anima la pagina Vote per la Cidadania Italiana, parla di "politica suicida" e di "tradimento" verso gli oriundi, accusando il governo di ignorare "la forza e l'influenza" dei discendenti degli emigrati italiani.
Il bersaglio principale è Tajani, accusato di voler favorire la proposta di Forza Italia sullo ius scholae invece che lo ius sanguinis, ma la rabbia si è accesa ulteriormente quando i leghisti brasiliani hanno scoperto il parere tecnico di Stefano Soliman, capo del legislativo della Farnesina, che motiva l'urgenza del decreto.
Soliman, per loro, è il vero colpevole: un "funzionario pubblico" accusato di "arroganza" e di aver redatto un documento che "genera sfiducia e caos". In un post infuocato, Lorenzato e i suoi hanno definito un "atto di terrorismo contro la democrazia e lo Stato di diritto".
La riforma dello ius sanguinis ha acceso un dibattito che va oltre le proteste della comunità leghista italo-brasiliana, rivelando un sistema già di per sé caotico. In Italia, la legge sulla cittadinanza del 1992 è un labirinto burocratico: le richieste di riconoscimento per discendenza possono richiedere anni, con consolati sovraccarichi e fascicoli che si accumulano.
In Brasile la situazione è ancora più complessa, con code infinite e pratiche spesso affidate a intermediari che lucrano sulla disperazione degli oriundi. Il decreto di Tajani, pur mirando a razionalizzare il processo, rischia di aggiungere confusione: i nuovi limiti generazionali e il requisito del "vincolo effettivo" non sono stati ancora chiariti nei dettagli, lasciando spazio a interpretazioni contraddittorie.
Estremismo islamico e immigrazione clandestina: questi sono i principali pericoli per l’Europa. pic.twitter.com/2RA7vwGKRv
— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) March 20, 2025
Inoltre, la retroattività parziale del provvedimento - che non si applica a chi ha già ottenuto la cittadinanza, ma taglia fuori molte richieste future - ha generato proteste anche fra chi aveva già avviato le pratiche.
Lorenzato ha portato la questione direttamente a Salvini, durante il congresso a Firenze della Lega, a fine marzo, chiedendo un intervento del leader per fermare quella che considera una "sensazione di abbandono" per gli italo-brasiliani.
Una Lega verdeoro: in Brasile c'è una base sorprendente di sostenitori della Lega, guidata dall’ex deputato Luis Roberto Lorenzato, discendente (autoproclamato) del re Arduino e noto per le sue assenze parlamentari, il vino "Arduino" e l’attivismo Facebook.
La protesta contro Tajani: la comunità leghista italo-brasiliana è in rivolta contro il decreto sullo ius sanguinis, che restringe l’accesso alla cittadinanza italiana per i discendenti di emigrati, accusando il governo di “tradimento”.
Caos cittadinanza: la riforma vuole frenare abusi e passaporti facili, ma rischia di aumentare la burocrazia e la confusione. Consolati intasati, retroattività parziale e vincoli poco chiari alimentano la rabbia della diaspora.