30 Apr, 2025 - 14:25

Il lavoro invisibile delle donne e il gender pay gap: un'ingiustizia da sanare

Il lavoro invisibile delle donne e il gender pay gap: un'ingiustizia da sanare

Il gender pay gap, ovvero la differenza salariale fra donne e uomini, è una ferita aperta nel mercato del lavoro italiano. Nonostante i proclama di progresso, enunciati anche dalla stessa Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, le donne guadagnano in media il 20% in meno rispetto agli uomini

Questo non è un problema soltanto economico, ma una questione di giustizia sociale che limita l'indipendenza delle donne e rallenta lo sviluppo del Paese. Ma quali sono le cause di questa disparità e come può essere affrontata, riconoscendo anche il valore del lavoro domestico?

Abbattere il gender pay gap è una questione di dignità e di riconoscimento, di equità e di aiuto per un'indipendenza che non sia solo economica ma anche affettiva e personale.

La situazione lavorativa delle donne in Italia

In Italia, il tasso di occupazione femminile è fermo al 56,6%, contro il 76% maschile secondo il rapporto 2023 di Eurostat e il 64% dell'inattività è femminile, spesso per responsabilità familiari. Le donne italiane si scontrano quindi con barriere strutturali che limitano l'accesso e la permanenza nel mercato del lavoro.

La segregazione occupazionale è una delle cause principali: le donne sono sovrappresentate in settori a bassa retribuzione come sanità, istruzione e cura (30% delle lavoratrici contro l'8% dei lavoratori), mentre gli uomini dominano ambiti ad alto valore aggiunto come ingegneria e tecnologia. Il soffitto di cristallo impedisce così il raggiungimento dei ruoli apicali: solo il 21% dei dirigenti è donna e nei consigli d'amministrazione meno del 5% ricopre ruoli esecutivi (come afferma OMD Consulting).

Le interruzioni di carriera per maternità o cura familiare sono un altro ostacolo. In Italia, il 30% delle donne lavora part-time (contro l'8% degli uomini), spesso per conciliare lavoro e famiglia ma con pesanti ricadute su pensione e salario. Con l'età cresce anche il divario retributivo: -3,5% per la Gen Z, ma -27,8% per i baby boomer.

In Italia, il Fondo Impresa Femminile e il Bonus Mamme Lavoratrici sono misure utili ma frammentarie. La certificazione della parità di genere (introdotta dal PNRR) è un passo in avanti: le aziende certificate, come GEMA Business School, migliorano la loro reputazione e ottengono benefici fiscali. Il problema però è che solo una minoranza di aziende aderisce a questa good practice e mancano anche strumenti per assicurarne l'effettiva trasparenza.

Perché esiste il gender pay gap?

Una serie di fattori intrecciati ha contribuito alla nascita e allo sviluppo della disparità salariale. La cultura patriarcale e gli stereotipi di genere relegano le donne a ruoli di cura, sia in ambito professionale che domestico. Le responsabilità familiari sono spesso sbilanciate a danno delle donne, spingendole verso lavori sì più flessibili ma anche meno remunerativi.

Le aziende, specie in Italia, tendono poi a "premiare" la continuità lavorativa, penalizzando chi si assenta per la maternità. Da qui si sviluppa poi l'idea di proporre alle donne contratti a tempo determinato, con retribuzioni inferiori nella media a quelle offerte agli uomini, in modo che le aziende non soffrano di eccessive perdite economiche nel caso in cui un dipendente dovesse assentarsi.

Gli scioperi delle casalinghe: la ribellione del "lavoro di cura"

Il lavoro domestico rappresenta il grande assente dai calcoli e dalle analisi economiche. Secondo l'OIL, 708 milioni di donne nel mondo sono escluse dal mercato del lavoro per responsabilità di cure non retribuite. In Italia, questo lavoro invisibile è svolto principalmente da donne, senza riconoscimento sociale o economico.

La cura, che sia per i figli, per parenti anziani o per persone con disabilità, è un "bene relazionale" difficilmente quantificabile ma fondamentale per la società nel suo insieme. David Graeber, nel suo libro Bullshit jobs, ricorda che negli ultimi anni proprio i lavori di cura (anche quelli casalinghi) sono stati considerati indegni di adeguate retribuzioni, proprio perché chi li compie li reputa utili.

Sebbene importanti in società come quelli occidentali dove la popolazione tende a vivere molto a lungo, i "lavori di cura" sono associati alla vocazione e all'altruismo: secondo Graeber, chi chiede (o pretende) una retribuzione economica adeguata viene tacciato di egoismo. Assistere anziani o insegnare ai bambini sono lavori da fare "con amore", non per vile guadagno.

La lotta per il riconoscimento del lavoro domestico non è nuova e già nel 1972, a Torino, centinaia di donne scesero in piazza rifiutandosi di svolgere lavori domestici, chiedendo invece un salario per il lavoro di cura. Nel 2019, il movimento Non Una di Meno ha proposto uno "sciopero globale delle donne", bloccando le attività lavorative e domestiche per segnalare come siano eccessivamente sbilanciate a sfavore delle donne.

Infine, nell'ottobre 2023 incrociarono le braccia le donne islandesi, astenendosi dai lavori domestici, di cura e retribuiti.

I tre punti salienti dell'articolo

  • Il gender pay gap in Italia è del 20%: le donne guadagnano significativamente meno degli uomini, spesso a causa di interruzioni di carriera legate alla maternità, occupazioni nei settori meno retribuiti, part-time involontario e mancato accesso a ruoli dirigenziali.

  • Cause strutturali e culturali profonde: il divario salariale è alimentato da stereotipi di genere, responsabilità familiari sbilanciate, e pratiche aziendali che penalizzano la discontinuità lavorativa femminile, riflettendo una cultura patriarcale ancora radicata.

  • Riconoscimento del lavoro di cura: il lavoro domestico e di assistenza, spesso non retribuito e svolto da donne, resta invisibile ma essenziale. Scioperi storici e recenti evidenziano la richiesta di riconoscimento economico e sociale di questa attività fondamentale.

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Pasquale Narciso
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