Quando gioca la Nazionale italiana di calcio ci trasformiamo un po' tutti in commissari tecnici. Da sempre pronti a contestare la formazione schierata dal ct di turno, da Ferruccio Valcareggi a Enzo Bearzot, da Arrigo Sacchi a Marcello Lippi, da Roberto Mancini a Luciano Spalletti. Ma questa moda di essere tuttologi dal calcio passa a qualsiasi settore della vita contemporanea: in tempi di covid tutti virologi, in tempi di conclave tutti papologi anche se alla messa non ci andiamo neppure per le feste comandate e, forse, ci siamo recati solo il giorno della prima comunione.
Dopo la morte di Papa Francesco si è scatenata la caccia al successore da parte di cittadini autoproclamatosi papologi, anche se autorevoli cardinali si sono prodigati nel dire che la scelta sarà fatta dallo Spirito Santo attraverso i porporati.
Tra le tante esternazioni lette mi ha colpito la riflessione del professor Pierluigi Consorti, docente di Diritto canonico dell'Università di Pisa, pubblicata dal Quotidiano Nazionale: "Sarà anche un Conclave 2.0 in cui l'extra omnes in Cappella Sistina dovrà fare i conti con il peso dei social mai così significativo. Potrebbe inquinare la serenità del voto persino fin dentro le stanze di Santa Marta dove alloggeranno i porporati, nonostante le misure predisposte per garantire la massima riservatezza".
Se i social arrivano a condizionare un conclave, parola che viene addirittura utilizzata come sinonimo di riservatezza, c'è molto da riflettere sulle caratteristiche dell'età contemporanea.