05 May, 2025 - 10:20

Vittoria di corto muso: Ranieri un fenomeno, Allegri no, perché?

Vittoria di corto muso: Ranieri un fenomeno, Allegri no, perché?

Mi piace cominciare così:

virgolette
Conta vincere, non come si vince. È il mantra di un calcio che, in fondo, non è mai scomparso. Ma se oggi guardiamo Claudio Ranieri e Massimiliano Allegri, qualcosa non torna.Entrambi vincono di “corto muso”, ma mentre uno viene osannato come un fenomeno dalla stampa, l’altro diventa un bersaglio. Perché?

Non mi resta allora che analizzare a fondo questo paradosso: perché Ranieri è considerato un eroe, mentre Allegri no? Ecco spiegati i motivi per cui la stessa vittoria cambia volto a seconda di chi la ottiene.

Ranieri alla Roma: quando il corto muso ha il volto dell’umanità

Claudio Ranieri non vincerà lo scudetto, e quest’anno con la sua Roma non ha nemmeno lottato per il tricolore. Subentrato nel novembre 2024, ha ereditato una situazione critica. Ma ha compiuto qualcosa di straordinario nel calcio moderno, qualcosa che vale forse anche di più: ha restituito speranza.

Con lui, una Roma ormai rassegnata nella parte medio-bassa della classifica ha ritrovato identità, solidità e soprattutto lo spirito giusto. Oggi, a tre giornate dalla fine, è quarta a pari merito con Juve e Lazio.

Anche Ranieri vince di corto muso (gli 1-0 sono diventati un’abitudine), spesso al termine di partite sporche, tese, complicate. Eppure nessuno gliene fa una colpa. Anzi: viene celebrato come l’uomo delle imprese, il tecnico capace di trasformare le difficoltà in favole. Da Leicester a Cagliari, passando per Roma e Sampdoria, fino al suo ritorno all’ombra del Colosseo: Ranieri è diventato il simbolo di un calcio romantico.

Allegri e la Juve: numeri sì, ma senza emozioni?

Dall’altra parte c’è Massimiliano Allegri. Un allenatore che ha portato la Juventus alla gloria nel suo primo ciclo (5 scudetti, 4 Coppe Italia 3 Supercoppe italiane e due finali di Champions) e che nel secondo – pur tra mille critiche – ha ottenuto comunque risultati concreti: qualificazioni in Champions, una Coppa Italia, e prestazioni solide con una rosa giovane e rimaneggiata.

Eppure, non è mai bastato. Il suo gioco è considerato noioso, prevedibile, privo di anima. Allegri è stato spesso etichettato come aziendalista, conservatore, distante. Anche lui ha vinto con il minimo scarto, ma a differenza di Ranieri non è mai riuscito a generare empatia. E nel calcio di oggi, questo sembra essere un peccato capitale.

Ranieri-Allegri: stesse vittorie, narrazioni opposte

Cosa cambia, allora, tra le vittorie di Ranieri e quelle di Allegri? La narrazione.

Ranieri è il “nonno buono” del calcio: piange quando salva una squadra, parla semplice, sorride. Ogni sua vittoria è una favola, una rivincita contro tutto.

Allegri, invece, è manageriale, sarcastico, distante. Parla come un dirigente d’azienda, non cerca l’empatia. E il pubblico – così come i giornalisti – lo percepisce.

Anche in un’epoca iper-tecnologica dove non c’è spazio per le gentilezze, chi guida una squadra deve saper toccare corde umane. Ranieri ci riesce, Allegri forse non ci ha mai provato davvero.

Empatia batte tattica

E voglio concludere così:

virgolette
Nel calcio di oggi, vincere non basta più. Conta emozionare, coinvolgere, ispirare. L’empatia vince sulla tattica.E tu, da che parte stai: con l’uomo del popolo o con il tecnico d’azienda? 
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William Centurione
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