08 May, 2025 - 09:43

Decreto Cittadinanza, Giacobbe (Pd): “Schiaffo agli italiani all’estero, serve una riforma equa”

Esclusiva di
Tag24.it
Decreto Cittadinanza, Giacobbe (Pd): “Schiaffo agli italiani all’estero, serve una riforma equa”

Con un decreto-legge approvato lo scorso 28 marzo, il Governo ha introdotto una significativa stretta in materia di cittadinanza, modificando le regole del riconoscimento iure sanguinis. La novità principale ha riguardato la limitazione della trasmissione automatica della cittadinanza italiana ai soli discendenti entro la seconda generazione. Di conseguenza, solo figli e nipoti di cittadini italiani nati all’estero potranno ottenere la cittadinanza in via automatica.

Ma non è tutto. Il decreto ha stabilito anche l’obbligo di mantenere un legame effettivo con l’Italia per conservare la cittadinanza: i cittadini italiani nati e residenti all’estero dovranno dimostrare, almeno una volta ogni 25 anni, di aver esercitato un dovere civico, ad esempio votando.

La stretta del Governo sullo iure sanguinis

Le nuove disposizioni, adottate con decreto legge e non a seguito di un dibattito parlamentare, hanno suscitato forti reazioni nella comunità italiana all’estero e anche all’interno della stessa maggioranza di Governo, generando caos nei vari consolati italiani sparsi per il mondo.  

Tra i primi a denunciare questa situazione, il senatore del Partito Democratico Francesco Giacobbe, eletto nella Circoscrizione Estero – Ripartizione Africa, Asia, Oceania e Antartide.

La redazione di Tag24 ha raggiunto Giacobbe per approfondire lo stato della discussione parlamentare del decreto. I decreti-legge, una volta emanati e pubblicati, vengono infatti trasmessi alle Camere, dove il Parlamento ha la possibilità di modificarli o non convertirli in legge.

Con il senatore, che vive in Australia dal 1982, abbiamo inoltre analizzato le implicazioni di questo provvedimento sulle comunità italiane all’estero e le prospettive di modifica del testo suggerite dallo stesso, affinché la riforma che salvaguardi chi, pur vivendo fuori dai confini nazionali, mantiene un legame autentico con l’Italia.

Le criticità del decreto legge sulla cittadinanza iure sanguinis

Raggiunto dai nostri microfoni, il senatore Giacobbe ha immediatamente sottolineato l’ingiustificabilità del decreto approvato dal Governo, anche per le modalità utilizzate e le motivazioni addotte:

“Il decreto sulla cittadinanza approvato dal Governo ha generato immediatamente confusione e incertezza, anche nelle sedi consolari dove le persone si sono viste cancellare appuntamenti che in alcuni casi attendevano da anni, grazie all’applicazione retroattiva, seppur incostituzionale, della norma.

Le motivazioni usate dal Governo per giustificare l'intervento sono state poi ancor più assurde: si è parlato di utilizzo strumentale della cittadinanza, addirittura di un mercato. Niente di ciò corrisponde a realtà: per limitare gli abusi, eventualmente, occorrono interventi mirati, non l’abolizione del diritto stesso”.

Le reazioni della comunità italiana all'estero

Secondo il senatore Giacobbe, la stretta operata dal Governo sullo iure sanguinis appare in evidente contraddizione con le dichiarazioni di apprezzamento che, dal presidente Mattarella al ministro degli Esteri, vengono regolarmente rivolte agli italiani nel mondo:

“Il decreto smentisce tutte le parole spese dal Governo e dalle istituzioni verso gli italiani all’estero, spesso definiti ‘ambasciatori del made in Italy’. Non riesco a comprendere come si sia potuto strumentalizzare qualche episodio di cronaca, legato ad abusi, per giustificare una stretta che non ha alcuna motivazione politica fondata.

Peraltro, il ministro degli Esteri Tajani non ha nemmeno informato il CGIE – il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, organo di cui è presidente – dell’intenzione di varare questa riforma.”

Gli emendamenti per tutelare gli italiani all’estero

La stretta operata dal governo, tuttavia, ha fornito l’occasione per correggere alcune distorsioni introdotte, oltre trent’anni fa, dalla legge n. 91/1992. A questo proposito, Giacobbe rivendica un primo risultato politico: la maggioranza ha accolto un suo emendamento per riaprire i termini per richiedere il riacquisto della cittadinanza italiana da parte di chi l’aveva persa:

Uno degli emendamenti che abbiamo presentato riguarda la riapertura dei termini per consentire a chi ha perso la cittadinanza prima del 1992 di riacquistarla. Il Governo ha accolto questo indirizzo, ma con un limite significativo, garantendo la possibilità solo a chi è nato in Italia. Risolto un problema, insomma, se ne è aperto subito un altro. Per questo, ho presentato un subemendamento per permettere la possibilità di riottenere la cittadinanza anche per gli italiani nati all’estero”.

Non solo. L’auspicio di Giacobbe è che sia accolto un altro emendamento per permettere il riacquisto automatico della cittadinanza per chi l’ha persa in virtù della rinuncia del capofamiglia: una norma che risale al 1912, ancora in vigore, secondo cui se il padre si naturalizza all’estero, anche moglie e figli minorenni perdono automaticamente la cittadinanza italiana. 

Le conseguenze dello stop sugli italiani all’estero

Se l’approvazione del suo emendamento rappresenta per Giacobbe “il segno che stiamo combattendo una battaglia giusta”, l’auspicio è che i lavori parlamentari possano superare quella mentalità “burocratica” che, a suo avviso, ha guidato l’intervento normativo del Governo:

“Comprendo la necessità di porre un limite, ma occorre tutelare anche chi mantiene un legame diretto con l’Italia. Per questo mi auguro che venga ripensato il requisito della nascita in Italia per la trasmissione della cittadinanza alle nuove generazioni.

Prendiamo il mio caso: sono emigrato in Australia, e i miei nipoti – che a quattro anni cantano l’inno nazionale – con questa legge non potranno trasmettere la cittadinanza italiana ai loro figli. Perché? Perché i loro genitori sono nati in Australia.

La mia non è una circostanza isolata: potrei citare la storia di una coppia australiana che ha trasmesso la cittadinanza italiana ai primi tre figli, ma non potrà farlo con la quarta, nata solo sette mesi fa e interessata dalle nuove disposizioni.”

Decreto cittadinanza, lavori parlamentari a rilento

I lavori parlamentari, tuttavia, procedono a rilento, come denuncia il senatore eletto all’estero, sottolineando come una riforma così delicata non possa prescindere da un approfondito confronto in Parlamento:

“Ancora non abbiamo il parere della Commissione Bilancio sugli emendamenti: se non si parte entro oggi, rischiamo di non avere più il tempo necessario. Mi auguro che il Governo non pensi di portare questo testo in Aula senza modifiche, magari ponendo la fiducia. La cittadinanza non è un privilegio elargito dalla maggioranza, ma un diritto di tutti gli italiani, servono regole armonizzate e condivise. Il decreto-legge non è la strada giusta.”

Le proposte per limitare gli abusi

Per prevenire eventuali abusi nell’ottenimento della cittadinanza, secondo Giacobbe non servono restrizioni generalizzate, ma meccanismi di verifica capaci di accertare il reale legame con l’Italia da parte dei richiedenti: 

“Ho proposto l’introduzione di criteri oggettivi. Uno potrebbe essere l’iscrizione all’AIRE, che dimostra un legame concreto con l’Italia; un altro potrebbe essere più soggettivo, come un esame sulla conoscenza della cultura e della lingua italiana.

Abbiamo bisogno di entrambi: chi è maggiorenne e chiede la cittadinanza deve affrontare un esame e dimostrare le sue conoscenze, mentre ai minori va garantita la possibilità di essere registrati come italiani. Serve flessibilità, per consentire a chi ha perso la cittadinanza a causa delle leggi del 1992 e del 1912 di riacquistarla, ma anche per evitare che si crei una ‘tagliola’ nella trasmissione tra generazioni.”

I nuovi italiani: il referendum dell’8 e 9 giugno

In vista dei referendum dell’8 e 9 giugno, infine, quando gli italiani saranno chiamati a esprimersi su temi legati al lavoro e alla cittadinanza — in particolare sulla proposta di dimezzare i tempi per ottenerla per chi risiede stabilmente in Italia — il senatore Giacobbe si dichiara pienamente favorevole, sottolineando come non si debba temere l’integrazione, ma promuoverla:

“Sono favorevole. Credo che la cittadinanza sia uno degli strumenti più efficaci per favorire l’integrazione e l’armonizzazione della società. È chiaro che chi arriva non può diventare cittadino italiano dall’oggi al domani: è giusto che dimostri di saper vivere e convivere civilmente. Tuttavia, il diritto alla cittadinanza va incoraggiato, perché è un motore di partecipazione alla vita politica e sociale. Non comprendo le paure di chi ostacola questi processi.”

L'articolo in quattro punti

  • Modifica dello Iure Sanguinis e obbligo di legame con l’Italia:
    Il decreto del 28 marzo limita il riconoscimento automatico della cittadinanza ai discendenti entro la seconda generazione e impone l’obbligo di mantenere un legame con l’Italia ogni 25 anni.
  • Critiche di Giacobbe sulla forma e il merito del decreto:
    Il senatore Francesco Giacobbe critica la natura retroattiva e confusa del provvedimento, accusando il Governo di aver ignorato il CGIE e le comunità italiane all’estero.
  • Emendamenti per correggere storture legislative:
    Giacobbe propone emendamenti per riaprire i termini di riacquisto della cittadinanza e garantire diritti anche agli italiani nati all’estero, sottolineando l’assurdità delle norme ancora ispirate alla legge del 1912.
  • Appoggio al referendum e alla cittadinanza come strumento d’integrazione:
    In vista del referendum, il senatore si dichiara favorevole a un percorso più snello per ottenere la cittadinanza, sottolineando il suo valore inclusivo e partecipativo.
AUTORE
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Federica Palladini
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