Emanuela Orlandi, 15 anni, cittadina vaticana, scomparve a Roma il 22 giugno 1983. Era un giorno come tanti, o almeno così sembrava. Un giorno che si sarebbe poi impresso nella memoria collettiva come l'inizio di una storia di depistaggi, testimonianze - spesso inattendibili - e silenzi, soprattutto da parte della Chiesa. Una storia che, dopo quasi 42 anni, resta irrisolta, con una famiglia in attesa di risposte.
L'ultima volta che fu avvistata, Emanuela Orlandi, appena uscita da una lezione di musica in Piazza Sant'Apollinare, si trovava in Corso Rinascimento, a pochi passi da Palazzo Madama, al centro di Roma, in attesa del bus che l'avrebbe riportata a casa.
Poco prima, si era messa in contatto con una delle sue sorelle per parlarle di un'offerta di lavoro ricevuta nel pomeriggio: un estraneo, aveva raccontato, le aveva proposto circa 370mila lire per un'attività di volantinaggio legata all'azienda di cosmetici Avon.
Dopo la denuncia di scomparsa presentata dai familiari, le indagini si concentrarono proprio su quella pista, che tuttavia non portò a nulla. Ben presto, la vicenda assunse contorni diversi e più complessi, trasformandosi in un caso internazionale.
Il 3 luglio 1983, a neanche due settimane dalla scomparsa di Emanuela, Papa Giovanni Paolo II, durante l'Angelus in Piazza San Pietro, dedicò un pensiero alla 15enne.
Parole che suonarono quasi come un appello ai possibili rapitori della ragazza. Non si parlava più di semplice scomparsa, ma di "sequestro". Poco dopo, in effetti, alla sala stampa vaticana arrivò la telefonata di un uomo che sarebbe stato ribattezzato l'Amerikano, per via del marcato accento anglosassone.
Fu solo la prima di una lunga serie di chiamate, che fecero ipotizzare il coinvolgimento dell'organizzazione di estrema destra turca "Lupi Grigi", della quale faceva parte anche Mehmet Alì Agca, detenuto per l'attentato a Wojtyla nel 1981.
Secondo questa pista, Emanuela poteva essere stata rapita per ottenere la liberazione dell'attentatore. Un'ipotesi che, come molte altre, sarebbe stata poi abbandonata, in favore di un'altra, che vedeva la partecipazione della Banda della Magliana.
L'idea era che la 15enne potesse essere stata usata come "merce di scambio" in una trattativa tra la banda criminale romana e lo IOR, l'istituto che gestisce le finanze vaticane. Tra i tanti interrogativi, si faceva strada una convinzione: che in qualche modo la Chiesa c'entrasse.
Dopo il primo intervento, Giovanni Paolo II tornò a parlare pubblicamente della vicenda in altre otto occasioni: il 10 luglio 1983, ancora durante l'Angelus; il 17 luglio, dopo la consegna all'Ansa di un nastro audio in cui i presunti rapitori sostenevano di tenere Emanuela in ostaggio, legandone il destino a quello di Agca.
E poi ancora il 20, il 21 e 24 luglio e il 28 agosto dello stesso anno. Alla vigilia di Natale del 1983, Wojtyla fece direttamente visita alla famiglia Orlandi. Il 25 aprile 1984, lanciò un ultimo appello pubblico. "Il mio pensiero va a persone vicine e lontane - disse -, va innanzitutto alla famiglia Orlandi".
"I genitori", aggiunse, "non perdono la speranza di poter riabbracciare la loro figlia. Attendono con ansia di avere almeno qualche sicura notizia che allevi la loro terribile angoscia". Fu l'ultimo richiamo prima che sul caso calasse, da parte della Santa Sede, un lungo silenzio.
Papa Benedetto XVI, successore di Wojtyla, non si è mai espresso pubblicamente sulla vicenda. Di recente, monsignor Valentino Miserachs, già maestro di canto corale di Emanuela, ha però raccontato che lo convocò nell'ambito di "indagini interne".
"Voleva fare luce sulla questione", ha riferito in un'audizione davanti alla Commissione parlamentare d'inchiesta sulle scomparse di Emanuela e Mirella Gregori (il cui ultimo avvistamento risale al 7 maggio 1983), a lungo collegate.
Si tratta di una delle tre inchieste ufficiali attualmente aperte. Lo stesso Vaticano, infatti, oltre alla Procura di Roma, sta indagando. A volerlo è stato Papa Francesco. Nel 2013, poco dopo l'inizio del suo pontificato, incontrando Pietro Orlandi e sua madre, disse:
Parole celebri e discusse che, per alcuni, sottintendevano la consapevolezza di cosa fosse realmente accaduto alla ragazza.
Dopo un apparente slancio iniziale, l'inchiesta aperta da Bergoglio nel 2023, affidata al promotore di giustizia Alessandro Diddi, sembra essersi arenata. Prima della sua morte, i familiari di Emanuela hanno esortato più volte il Pontefice a dire la verità.
Papa Francesco su Emanuela Orlandi in occasione del 40esimo anniversario della scomparsa.
Nonostante le difficoltà incontrate, non si sono mai arresi. Tra depistaggi, piste chiuse e domande senza risposte, continuano a sperare che qualcosa si muova. E guardano ora a Papa Leone XIV.
Nelle sue prime due uscite pubbliche - dopo l'elezione e durante il Regina Coeli, a San Pietro - il Pontefice di origine americana ha parlato soprattutto di pace.
ha dichiarato Pietro Orlandi in un'intervista a Quarto Grado. Su Facebook, in occasione della Festa della mamma, ha aggiunto: "Per mia madre non ci sarà pace finché non ci sarà verità. Spero che lui (Prevost, ndr) possa aiutarla".