Dopo la lite scatenata da Elio Germano contro il ministro Alessandro Giuli, non accenna a placarsi la polemica attorno alle sovvenzioni di cui gode il mondo del cinema italiano: sono giuste? Sono adeguate? O sono solo un inutile spreco?
Oggi, ha preso una posizione molto netta La Verità, il giornale diretto da Maurizio Belpietro. Il titolo di apertura già chiarisce in che modo: "Regaliamo soldi anche alla Jolie e a Polanski". E insomma: per dirla con l'editorialista di punta del giornale, Marcello Veneziani, "è ora di finirla con i sostegni pubblici a chi fa film".
La Verità, quindi, oggi ha iniziato una vera e propria campagna di stampa per porre termine alle sovvenzioni per il mondo del cinema che, a parere di Belpietro e della sua redazione, non sono altro che un inutile spreco di denaro.
Ma in che modo la porterà avanti? Per i prossimi dieci giorni, pubblicherà l'elenco dei film che hanno ricevuto finanziamenti pubblici dal 2018 al 2024.
In questo periodo sono state oltre mille le produzioni sostenute dai vari governi.
Nell'elenco, la cui prima parte è stata pubblicata questa mattina, i lettori troveranno titolo dell'opera, nome del regista, anno di inizio della produzione, totale dei contributi ricevuti, costo complessivo e incassi al botteghino aggiornati allo scorso 13 maggio. Tanto per capire se l'investimento pubblico è stato corretto, insomma.
Per il giornale di Belpietro, da anni ormai, in Italia, il cinema italiano ha sviluppato un nuovo stile: quello del piangere miseria. Alessandro Da Rold, infatti, ha scritto:
In effetti, nel 2016 ad esempio, l'allora ministro della Cultura Dario Franceschini introdusse il sistema del tax credit con l'obiettivo di rafforzare l'intera filiera cinematografica.
Ma, quasi dieci anni dopo, La Verità trae un bilancio fallimentare. Con il danno di non aver aiutato davvero il cinema italiano e la beffa di aver sovvenzionato oltremisura le grandi produzioni straniere.
Solo nel 2023, l'Italia ha destinato 275 milioni alle opere straniere. E questi soldi, come rivelava il titolo d'apertura del giornale, hanno arricchito anche Angelina Jolie (8,2 milioni di euro per "Without blood") e Roman Polanski per "The Palace": oltre 6 milioni di contributi per un incasso di 398 mila euro.
Per La Verità, "si tratta di produzioni che, pur portando lavoro temporaneo a troupe locali e utilizzando strutture italiane, di fatto non lasciano un impatto culturale o economico strutturale nel Paese". Lasciano sostanzialmente il tempo che trovano in Italia. Senza, per altro, dissipare le ombre sulla trasparenza degli affidamenti a sostegno delle opere innovative.
E qui si passa alle dolenti note che hanno convinto la redazione de La Verità a pubblicare da oggi e per i prossimi dieci giorni l'elenco dei film finanziati ma che si sono dimostrati dei flop non solo nelle sale, ma anche sulle altre piattaforme. Davide Perego l'ha messa così:
I primi esempi? Eccoli: "Il delitto Mattarella", film del 2020 diretto da Aurelio Grimaldi sulla figura del fratello del Presidente della Repubblica ucciso dalla mafia, 456.000 euro di contributo, per oltre un milione e mezzo di costi di produzione e nemmeno 35.000 euro di incasso.
Ma nell'elenco dei flop non mancano nemmeno nomi eccellenti del cinema: "Tre piani" di Nanni Moretti nel 2021 ha avuto 2,1 milioni di aiuti, il costo totale è stato di 8 milioni e al box office ha incassato poco più di 2 milioni.
Ora: è vero che c'è stata la pandemia di mezzo in questi casi, ma La Verità spulcia anche i numeri di un caso limite: "Nour" del 2019 di Maurizio Zaccaro sulla figura del medico dei migranti di Lampedusa Pietro Bartolo: 700.000 euro di contributi pubblici per 2,6 milioni di costi e solo 3.919 euro di biglietti staccati.
Messa così la situazione dei finanziamenti al cinema italiano, per Marcello Veneziani, non possono esserci dubbi: inutile che attori e registi si lamentino e chiamino "fascista" il governo, il sistema non può reggere. Almeno per due motivi. Il primo:
Il secondo: perché il cinema deve essere aiutato come forma d'arte e di cultura e altri settori no?
ha osservato Veneziani. In attesa del prossimo ciak della polemica infinita.