16 May, 2025 - 16:15

"Black Bag": uccidereste per proteggere la persona che amate?

"Black Bag": uccidereste per proteggere la persona che amate?

 

"Black Bag", riflessioni e critica

Esiste ancora la reale monogamia nei rapporti di coppia? E non sto parlando del vincolo che ci si impone, per molti in modo forzato, di non intrattenere relazioni parallele dal momento in cui ci si sposa o ci si lega sentimentalmente a qualcuno. Mi riferisco a quell’indole innata di non riuscire davvero a immaginarsi con nessun altro quando ami senza condizione. E la definisco indole, perché, proprio come nel caso di diverse specie animali, è una caratteristica con la quale nasci oppure no. Almeno secondo me. Credo che il giudizio morale abbia, da millenni, obbligato tante persone non a scegliersi liberamente ogni giorno, ma a mantenere un’esclusività a due (almeno all’apparenza…) perché tradire è sbagliato. Ma se costringi qualcuno a reprimere un impulso per troppo tempo, la repressione non porterà mai a nulla di buono. Questo ce lo insegna la letteratura, il cinema, la cronaca quotidiana o più semplicemente la storia. Soffocare i propri desideri carnali e anche quelli romantici spesso genera una concatenazione di eventi che finiscono per distruggere la vita non soltanto nostra, ma anche di chi ci sta accanto e di chi usiamo per sfogare quelle mancanze per troppo tempo lasciate a bocca asciutta. Purtroppo io mi sono ritrovata dal lato degli usati e, credetemi, la situazione è degenerata in una maniera tale che potrei addirittura scriverci un libro o farci un film.

Ciò che influenza le scelte individuali però non è mai così schematico o semplice: la mente umana è un luogo tanto affascinante quanto oscuro e purtroppo la parte peggiore di noi si palesa dal modo in cui viviamo i legami sentimentali. Ci sono fattori, tipo il contesto in cui veniamo allevati, gli eventuali traumi o abusi psicologici e sessuali subiti, le figure genitoriali che abbiamo avuto come modello educativo, che influenzano la sfera emotiva e la capacità di amare in maniera sana. L’ideale fiabesco o romanzato delle unioni a due che ci viene proposto sin dalla prima infanzia nei libri, nei cartoni animati e nei film, ci ha trasmesso l’idea falsata che la maggioranza delle coppie siano funzionali e stabili; il che è falso. Parlare apertamente dell’argomento ha fatto sì che ci rendessimo pian piano conto di quanto siano comuni l’infedeltà, l’infelicità, la tossicità e la violenza nelle relazioni ufficiali e non. Certo, devo ammettere che la nuova tendenza di normalizzare ogni schifezza morale o sudiciume sessuale, tentando di far sentire in colpa o in difetto chi non fa altrettanto, mi stomaca parecchio. Gli uomini, mai come adesso, hanno nei loro stessi riguardi una tale indulgenza, per giustificare i comportamenti peggiori a discapito delle donne, da far impallidire. Le app di incontri hanno poi creato un’idea falsata, come una bolla, che tende a disumanizzare e oggettificare le persone scelte in una sorta di catalogo virtuale, incoraggiando atteggiamenti meschini, egoisti e utilitaristici, addormentando ancor di più la già dormiente coscienza collettiva. Se si andasse in terapia con maggiore facilità e si accettasse la propria natura per quella che è sono certa che si ristabilirebbe un equilibro sociale: io, ad esempio, appartengo per istinto alla categoria dei monogami. Io mi lego, al punto tale che per me, quando amo, anche solo fantasticare su qualcun altro è impossibile. Pur sforzandomi non ne sono in grado. Anzi, più il tempo passa, più l’amore cresce, più vivo la sessualità come trascendentale, viscerale, unica, diventa quasi una dipendenza insostituibile.

Bene, considerato tutto ciò, sareste capaci di uccidere per chi amate? Di buttarvi nel fuoco senza rifletterci un istante? Se capiste che il vostro amato vi sta nascondendo qualcosa di grave, mentendo, pur di salvarlo da un errore irreparabile cerchereste il modo, a sua insaputa, di tirarlo fuori dai guai? È questa la domanda che ci pone il regista americano Steven Soderbergh, con una sceneggiatura di David Koepp, nel suo nuovo lungometraggio “Black Bag” con un freddo ed enigmatico Michael Fassbender e una controllata ed elegante Cate Blanchett nei ruoli principali. Una coppia sposata di agenti segreti britannici, all’apparenza l’uno alle prese con un sospetto sull'infedeltà dell’altra, si ritroveranno invischiati in un complotto ai loro danni. Nonostante non abbiano figli, entrambi incarnano la rappresentazione classica e borghese di un matrimonio affiatato e un filino irrealistico: belli, innamorati, ricchi, elegantissimi, con una casa splendida, due carriere di successo e monogami fino al midollo. Esistono davvero unioni così? Per quanto ancora un po’ ci speri, ahimè, è probabile di no. Il limite di “Black Bag” però risiede nel fatto che la narrazione diventa a tratti confusionaria nella parte iniziale, come se si desse per scontato che alcuni dettagli fondamentali siano impliciti. Ma non lo sono. È comunque un thriller godibile, più verso la fine dove c’è un’impennata del ritmo, assente nel primo tempo. Rimarrà nella storia da gran capolavoro? No, penso di no. Tre virgola tre stelle su cinque.

 

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Marta Micales
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