Il 17 maggio 2025 Gallarate, cittadina di 50mila abitanti in provincia di Varese, è diventata il centro di una delle più accese polemiche politiche dell’anno.
Al Teatro Comunale Condominio si è infatti svolto il Remigration Summit, raduno europeo promosso da sigle dell’estrema destra, con la partecipazione di circa 400 militanti arrivati da tutta Europa.
L’evento, incentrato sulla proposta di “remigrazione” – ovvero il rimpatrio forzato di migranti, anche regolari, e dei loro discendenti – ha suscitato una vasta eco mediatica e una forte reazione politica e sociale.
La location del summit è stata mantenuta segreta fino al mattino stesso, con l’annuncio ufficiale ai partecipanti arrivato solo alle 6 tramite email.
Anche l’orario è stato anticipato dalle 14.30 alle 9, una scelta dettata da motivi di ordine pubblico e dalla volontà di evitare scontri con le numerose contromanifestazioni annunciate.
La città è stata presidiata da un imponente spiegamento di forze dell’ordine, mentre la prefettura e la questura hanno predisposto misure di sicurezza straordinarie, consapevoli dell’alto rischio di tensioni.
La scelta di Gallarate non è stata casuale: la città, amministrata dalla Lega e vicina all’aeroporto di Malpensa, rappresenta per alcuni gruppi di ultradestra un simbolo di resistenza alle politiche migratorie.
Tuttavia, la decisione ha creato non pochi problemi logistici, con numerose strutture che hanno rifiutato di ospitare il summit per timore di proteste e per la cattiva reputazione dell’evento.
Tra i promotori e i relatori figurano esponenti noti della destra radicale europea, come l’austriaco Martin Sellner e l’italiano Andrea Ballarati. Atteso anche il danese Rasmus Paludan, noto per i roghi del Corano, che però è stato espulso dall’Italia per motivi di ordine pubblico poco dopo l’arrivo a Malpensa. Dries Van Langenhove, attivista belga, rischia invece l’arresto per condanne legate a incitamento all’odio.
Il generale Roberto Vannacci, appena eletto vicesegretario della Lega, ha inviato un video-messaggio di sostegno, definendo la remigrazione “una risposta concreta” e “una battaglia di civiltà e libertà” per la sicurezza degli italiani e degli europei. La narrazione proposta dagli organizzatori è quella di un’Europa assediata dall’immigrazione e da valori “incompatibili” con la cultura occidentale.
Il Remigration Summit ha rapidamente assunto i contorni di un caso politico nazionale. Il Partito Democratico, con il senatore Alessandro Alfieri e il consigliere regionale Samuele Astuti, ha chiesto di vietare l’evento, definendolo “un raduno di razzisti che inneggia a odio e intolleranza”. Nicola Fratoianni (Avs) e altri esponenti della sinistra hanno chiesto l’intervento del governo per impedire lo svolgimento del summit.
Di segno opposto le posizioni della Lega. Il segretario Matteo Salvini ha difeso il diritto a manifestare e a esprimere liberamente le proprie idee, paragonando il tentativo di vietare il summit a pratiche “da Unione Sovietica”. Il sindaco di Gallarate, Andrea Cassani (Lega), ha ribadito che “tutti devono poter manifestare le proprie idee”, pur sottolineando la necessità di garantire l’ordine pubblico.
Il governatore lombardo Attilio Fontana ha adottato una posizione più neutra, limitandosi a richiamare la libertà di espressione. Queste dichiarazioni hanno alimentato ulteriormente la polemica, con il centrosinistra che ha accusato la destra di legittimare l’odio e l’intolleranza.
Parallelamente al summit, Gallarate e Milano sono state teatro di numerose manifestazioni di protesta. A poche centinaia di metri dal teatro si è svolto un flash mob del Pd locale, mentre alle 11 è partito un corteo delle opposizioni.
A Milano, in piazza San Babila e largo Cairoli, si sono dati appuntamento sindacati, associazioni, partiti di centrosinistra e movimenti antifascisti, con la partecipazione di leader nazionali come Maurizio Landini (Cgil) e Nicola Fratoianni. Le proteste hanno coinvolto anche Busto Arsizio e altre città della Lombardia.