Festeggiare i 71 anni è un grande traguardo della vita, ma può anche sollevare importanti interrogativi dal punto di vista previdenziale. Cosa succede al diritto alla pensione di vecchiaia o all’assegno ordinario di invalidità? Quali sono le implicazioni per chi si avvicina a questa età senza aver maturato determinati requisiti contributivi?
È fondamentale comprendere come cambia la pianificazione previdenziale e quali conseguenze può avere in termini di perdita di diritti, come ad esempio la reversibilità del trattamento. Scopriamo insieme cosa bisogna tenere a mente per chi spera di ricevere dall’INPS la pensione di vecchiaia al compimento dei 71 anni, con almeno cinque anni di contributi effettivi.
Se percepisci l’assegno ordinario di invalidità, significa che la commissione medica ASL/INPS ha accertato una ridotta capacità lavorativa inferiore a un terzo, dovuta a infermità o difetto fisico o mentale.
È importante sottolineare il requisito contributivo: la normativa prevede che tu abbia accumulato almeno cinque anni di versamenti contributivi e 260 contributi settimanali, di cui 156 (tre anni) nel quinquennio precedente la data di presentazione della richiesta di ammissione al beneficio.
Al compimento dell’età pensionabile, e in presenza di tutti i requisiti, l’assegno ordinario di invalidità viene trasformato d’ufficio in pensione di vecchiaia. Tuttavia, questa regola potrebbe non essere sempre applicata dall’INPS: vediamo perché.
Rimandare il pensionamento oltre l’età pensionabile significa che, al compimento dei 67 anni con 20 anni di contributi, non sono ancora stati maturati i requisiti per andare in pensione.
La circolare INPS n. 46 del 13 marzo 2024, basata sulla Legge di Bilancio 2024, ha modificato le regole per la pensione di vecchiaia e anticipata nel sistema contributivo per il biennio 2025-2026.
Per i lavoratori con anzianità contributiva maturata successiva al 1° gennaio 1996, è previsto un importo soglia pari all’assegno sociale. È importante sottolineare che, per chi ha perfezionato i requisiti entro il 31 dicembre 2023, l’importo soglia resta pari a 1,5 volte l’assegno sociale.
È essenziale ricordare che, una volta compiuti i 71 anni, chi ha almeno cinque anni di contribuzione effettiva maturata dopo il 1° gennaio 1996 ha diritto alla pensione di vecchiaia.
Tuttavia, chi percepisce l’assegno ordinario di invalidità e ha raggiunto i 71 anni con cinque anni di contributi potrebbe non avere diritto alla pensione di vecchiaia se non rientra nel sistema contributivo.
La regola INPS è chiara: se al compimento dei 71 anni si risultano almeno cinque anni di versamenti contributivi maturati dopo il 1° gennaio 1996, si ha diritto alla trasformazione d’ufficio dall’assegno ordinario di invalidità alla pensione di vecchiaia. In caso contrario, il beneficiario continuerà a percepire l’assegno ordinario di invalidità.
Facciamo un esempio:
Raggiunti i 71 anni, molti si aspettano un trattamento economico ordinario. La pensione di vecchiaia garantisce infatti maggiore sicurezza economica e diritti più estesi, come la reversibilità ai superstiti.
Tuttavia, l’assegno ordinario di invalidità potrebbe non trasformarsi in pensione di vecchiaia se non si soddisfano i requisiti contributivi, con il rischio di perdere alcuni diritti, tra cui la reversibilità.
I familiari superstiti possono chiedere solo la pensione indiretta, che richiede almeno cinque anni di anzianità assicurativa e contributiva, di cui tre negli ultimi cinque anni prima del decesso.