Non sono lontani i tempi in cui la Lega spingeva per l’introduzione di Quota 41 per tutti i lavoratori. Ora che il sistema previdenziale sembra stabilmente ancorato alle regole della legge Fornero, è importante ricordare che si avvicina l’adeguamento all’aspettativa di vita, che sposterà in avanti l’orologio per l’accesso sia alla pensione di vecchiaia sia alla pensione anticipata ordinaria, con un aumento di tre mesi. Sì, perché tra l’ipotesi di congelare l’adeguamento dell’età pensionabile al 2027 e il possibile allentamento dei vincoli legati alla pensione anticipata Quota 41, il passo è breve – si fa per dire. E stavolta la legge Fornero c’entra poco o nulla.
Per questo è importante ribadire che la pensione anticipata senza vincolo anagrafico, ma con il solo requisito dei 41 anni di contributi, esiste già. Peccato che sia una misura limitata. Vediamo perché.
I pilastri del sistema previdenziale italiano sono due: la pensione di vecchiaia ordinaria e la pensione anticipata ordinaria.
Quest’ultima consente ai lavoratori di accedere alla pensione al perfezionamento del solo requisito contributivo: 42 anni e 10 mesi per gli uomini, 41 anni e 10 mesi per le donne. Il requisito anagrafico è stato svincolato, purché siano maturati gli anni di contributi richiesti. È comunque prevista una "finestra mobile" di 3 mesi.
Dal 2025 è stata rinnovata anche la pensione anticipata flessibile Quota 103, che prevede due requisiti: 41 anni di contributi e 62 anni di età. Cosa accade in pratica? Da una parte si conferma il requisito contributivo, con almeno 35 anni di contribuzione effettiva; dall’altra, si vincola l’accesso al trattamento anche a un’età anagrafica minima.
Va ricordato che il governo ha confermato la Quota 103, ma con paletti e penalizzazioni. È infatti previsto un tetto massimo all’importo della pensione, pari a quattro volte il trattamento minimo, fino al raggiungimento dell’età pensionabile (67 anni fino al 31 dicembre 2026). Inoltre, il calcolo dell’assegno viene effettuato secondo il metodo contributivo, sempre fino al perfezionamento dei requisiti per la pensione di vecchiaia.
A tutto questo si aggiunge il rinnovo dell’incentivo al posticipo del pensionamento anticipato.
Chi sceglie di restare al lavoro, pur avendo maturato i requisiti per andare in pensione, ottiene un aumento netto in busta paga, grazie alla riduzione della base imponibile fiscale.
Secondo molti esperti, la misura che consente ai lavoratori di andare in pensione con 41 anni di contributi – di cui almeno 35 effettivi – esiste da tempo. Ma le sue versioni si sono susseguite con restrizioni, paletti e penalizzazioni a ogni rinnovo o modifica.
In altre parole, ad esempio, un lavoratore che abbia versato almeno 12 mesi di contributi prima dei 19 anni e abbia raggiunto i 41 anni di contributi totali, può accedere alla pensione a qualsiasi età. Tuttavia, questa possibilità riguarda una quota molto ristretta di lavoratori.
Le difficoltà di accesso derivano soprattutto dalla selettività delle categorie ammesse alla misura. Quota 41 per lavoratori precoci è destinata, infatti, solo a specifici gruppi: disoccupati, caregiver, invalidi e chi svolge mansioni particolarmente gravose o usuranti.
Anche solo una lieve riduzione dei paletti potrebbe rendere Quota 41 accessibile a una fetta più ampia di lavoratori. Ma non tutti possono vantare carriere lavorative lunghe e continue. Il vero rischio è che l’allentamento di questi vincoli possa compromettere la stabilità dei conti pubblici nel medio e lungo periodo.
Una stabilità conquistata a caro prezzo. Non possiamo dimenticare il sacrificio imposto ai lavoratori nel 2012, con l’inasprimento delle regole di accesso alla pensione. Una riforma che, tra “lacrime e sangue”, ha segnato una svolta storica nel sistema previdenziale italiano.