"Giù la testa" (1971), capolavoro di Sergio Leone, è molto più di un "western rivoluzionario": è un dramma di amicizia, disillusione e sangue nel Messico del 1913, sullo sfondo dei moti rivoluzionari. I protagonisti, Juan Miranda (Rod Steiger), peone messicano e bandito, e John "Sean" Mallory (James Coburn), ex dinamitaro dell’IRA, si incontrano per caso e si ritrovano, loro malgrado, nelle pieghe di una ribellione che sconvolge il Paese.
Come finisce "Giù la testa"?
Dopo molte traversie, tradimenti e imprese spettacolari (come l’assalto alla banca di Mesa Verde, sognato invano da Juan), i due personaggi sono travolti dal vortice della violenza rivoluzionaria. Quando Sean viene gravemente ferito e muore, il vero epilogo arriva nella scena della stazione ferroviaria: Juan, ormai segnato nel profondo dalla perdita dell’amico e dalla morte dei suoi cari, e con la rivoluzione ancora alle porte, è lasciato solo, sconvolto, mentre la camera si ferma su di lui, statico e smarrito nel vuoto.
Il significato del finale
Il finale di Giù la testa si distingue per la sua amarezza e il suo simbolismo:
- La fine di Sean e la solitudine di Juan: Il sacrificio di Sean chiude il cerchio di dolore che accompagna la sua vita, segnata da un vecchio tradimento in Irlanda, evocato nei flashback. La sua decisione di morire è una forma di autoespiazione per errori e perdite passate, anche in parallelo con i traditori della rivoluzione messicana.
- L’inizio di una nuova rivoluzione: Il destino di Juan, abbandonato alla fine con uno sguardo fisso nel vuoto, incarna il senso tragico del ruolo dell’uomo comune nella storia: usato, sacrificato, e sempre punto di partenza per nuove rivoluzioni e nuovi drammi.
- “Giù la testa, coglione!”: Il titolo stesso, da una celebre battuta di Sean, è un invito ruvido ma profetico a non lasciarsi coinvolgere troppo nei giochi di potere e nelle lotte "degli altri", pena lo smarrimento e la perdita delle cose più care.
- Il costo umano della rivoluzione: Leone denuncia il prezzo altissimo pagato da chi è coinvolto nella lotta: spesso i poveri e gli emarginati sono manipolati dagli intellettuali o dai potenti, e la vittoria è sempre effimera o beffarda. Come dice Juan: “Un tizio intelligente va da un povero e gli dice che bisogna ribellarsi. E il povero gli crede. E la fa, la rivoluzione. E quando, alla fine, l’intelligente ha vinto la sua rivoluzione, il povero è morto!”.
- Ciclicità e disillusione: Il finale porta a riflettere sull’inutilità delle rivoluzioni che si sovrappongono l’una all’altra, lasciando dietro di sé solo morte, disillusione e la necessità, forse, di una nuova ribellione che non sappia apprendere dal passato.
Il valore dei flashback
Una particolarità del finale riguarda il flashback esteso che mostra Sean nel suo passato irlandese, mentre viveva un ménage à trois con un suo amico e una donna (simbolo della rivoluzione stessa), e il trauma causato dal tradimento. Leone usa i ricordi di Sean per spiegare perché egli fugga dal coinvolgimento politico diretto e sia segnato da un costante senso di perdita e rimorso.