Uno tra i reality show più visti su Real time è Vite al Limite del dottor Nowzaradan. Un programma che espone la problematicità dell’obesità americana. Sebbene a primo impatto ci si concentri sulla fisicità dei partecipanti, si svelano poi le storie drammatiche e la dipendenza dai cibi spazzatura con cui si nutrono.
La dipendenza dal cibo spazzatura è stata paragonata alla dipendenza dall’alcool e droga. Studi scientifici dimostrano che i cibi ultra-processati attivano aree celebrali implicate nel sistema della gratificazione, simili a quelle che si stimolano con l’assunzione di sostanze stupefacenti.
Lo studio svolto da Ashley Gearhardt mostra che le persone con dipendenze alimentari reagiscono agli stimoli alimentari in modo quasi affine agli alcolisti che rispondono agli stimoli alcolici. Le persone consumano questa tipologia di alimenti non tanto perché ne hanno bisogno, ma per un cambiamento umorale, ridurre lo stress e aumentare il piacere.
La Yale Food Addiction Scale (YFAS), sviluppata da Gearhardt, Corbin e Brownell nel 2009, è stata la prima misura concepita appositamente per identificare comportamenti alimentari simil‑dipendenza per la dipendenza da sostanze al consumo di cibi ultra‑appetibili come patatine, dolci o fritti.
Nel 2016 è stata introdotta la YFAS 2.0, una versione aggiornata con 35 item, migliorando coerenza interna, validità convergente, discriminante e predittiva rispetto alla prima versione.
I principali sintomi secondo la YFAS 2.0 includono:
In Vite al Limite la scelta di affiancare alla dieta e al personal trainer uno psicologo non è casuale. I partecipanti si espongono e condividono le esperienze traumatiche vissute nel corso della loro vita. Molti iniziano a sviluppare disturbi alimentari da bambini a seguito di lutti, abusi o abbandoni. L’abbuffarsi è un sintomo di malessere per trovare conforto da sentimenti o episodi particolarmente dolorosi. Pertanto, per riuscire a guarire è necessario un supporto psicologico.
Negli ultimi anni è cresciuto esponenzialmente il fenomeno dei content creator sui social media che condividono video in cui mangiano grandi quantità di cibo o promuovono le ultime tendenze alimentari. Questi contenuti influenzano in modo significativo i bambini, rendendo ovvia l’esigenza di limitare il tempo che vi trascorrono.
Uno studio dell’Università di Liverpool, condotto con 176 bambini tra i 9 e gli 11 anni, ha analizzato l’effetto di esposizione a influencer che mostrano snack malsani o salutari. I risultati hanno mostrato che i piccoli che avevano visto gli influencer consumare cibo spazzatura hanno assunto in quantità maggiore snack non salutari, mentre chi ha visto contenuti con snack salutari non ha modificato l’assunzione di cibo.
Non stupisce, pertanto, che l’OMS abbia chiesto delle misure che limitino l’esposizione di bambini e adolescenti al marketing alimentare.
Il consumo regolare di junk food comporta rischi concreti per la salute fisica. Tuttavia, non è solo un problema di “cattiva dieta”: il consumo regolare di junk food è spesso guidato da meccanismi psicologici complessi. L’aiuto e il supporto di figure professionali competenti è fondamentale per rompere questo circolo vizioso.
A cura di Margherita Maurich