Gli italiani sono pronti a dire addio al sogno della pensione a 50 anni nel 2026? Non sono pochi i lavoratori che hanno iniziato a lavorare da giovanissimi, talvolta appena diciottenni. Tuttavia, a prescindere dal desiderio diffuso di ritirarsi dall'attività lavorativa prima dei 67 o 70 anni, l’accesso a canali pensionistici agevolati è fortemente influenzato dalle scelte governative. Per alcuni, però, esistono strategie che consentono di orientarsi con maggiore flessibilità tra le maglie della normativa; per altri, la chiave è legata a condizioni di salute particolarmente gravi.
Ma nel 2026, sarà davvero possibile andare in pensione a 50 anni in Italia? Tra aspirazioni, realtà e illusioni, la risposta per la stragrande maggioranza dei lavoratori è semplice: no, non è possibile, se non in casi eccezionali. Esaminiamo nel dettaglio chi può effettivamente ritirarsi prima dal lavoro e a quali condizioni.
Il momento è propizio per affrontare il tema, anche in vista della prossima legge di Bilancio. Oggi il sistema pensionistico italiano non è più considerato un problema esclusivamente sistemico o ereditario per le generazioni future.
Le riforme degli ultimi anni sono state orientate a garantire la sostenibilità finanziaria a medio - lungo termine, ma hanno anche progressivamente innalzato l’età pensionabile, allineandola agli standard europei.
L’età per accedere alla pensione di vecchiaia rimane fissata a 67 anni per il biennio 2025-2026, come stabilito dal Decreto del MEF del 17 ottobre 2023. A partire dal 1° gennaio 2027, salvo nuovi interventi normativi, l’età pensionabile aumenterà di tre mesi, in virtù dell’adeguamento automatico all’aspettativa di vita.
Nell’attuale quadro normativo, andare in pensione a 50 anni è un’eccezione rarissima, riservata quasi esclusivamente a lavoratori con gravissime condizioni di salute.
Le uniche vie d’uscita che si avvicinano a questa soglia anagrafica sono:
Anche se il pensionamento a 50 anni resta fuori portata per la maggior parte dei lavoratori, il sistema italiano offre diverse formule di pensione anticipata, accessibili però con requisiti contributivi e/o anagrafici elevati, ecco le principali opzioni d'uscita anticipata.
Fino al 31 dicembre 2026, sono necessari 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. Il calcolo dell'assegno segue anche in parte il sistema retributivo e non prevede penalizzazioni.
Fino al 31 dicembre 2025, richiede 62 anni di età e 41 anni di contributi. Il rinnovo per il 2026 è incerto e sarà definito nella prossima Manovra. Prevede altre condizioni legate al calcolo e al limite dell'assegno fino alla pensione di vecchiaia con calcolo contributivo puro, che riduce l'assegno in media del 5-15%.
Attiva fino al 31 dicembre 2025 per le lavoratrici che hanno maturato il diritto alla pensione al 31 dicembre 2024. Possono richiederla le donne a 61 anni se appartengono a categorie specifiche: caregiver, donne con invalidità civile pari o superiore al 74%, o lavoratrici licenziate/in crisi aziendale. L'assegno è calcolato con il sistema contributivo puro, che riduce l'assegno in media del 5-15%. La continuità della misura per il 2026 è legata al rinnovo nella Legge di Bilancio.
Attiva fino al 31 dicembre 2025, con almeno 63 anni e 5 mesi di età e un'anzianità contributiva variabile: 30 anni (disoccupati, caregiver, invalidi dal 74%), 32 anni (edili, ceramisti), o 36 anni (altri lavori gravosi). L'importo massimo riconosciuto non supera 1.500 euro al mese. Per il 2026 si attende il rinnovo nella Manovra.
Per il 2026 possono accedere al trattamento con 41 anni di contributi se hanno almeno 12 mesi di contribuzione effettiva prima dei 19 anni. Anche per loro, l'accesso è riservato a specifiche categorie di disagio sociale o lavori gravosi. La misura non prevede un limite anagrafico, ma è soggetta all'adeguamento dell'aspettativa di vita dal 2027.
Con un montante contributivo accumulato dal 1° gennaio 1996, a 64 anni con almeno 20 anni di contributi effettivi, si può andare in pensione, a condizione che l'assegno sia almeno 3 volte l'assegno sociale. Per le donne, la soglia è ridotta a 2,8 volte o 2,6 volte il trattamento minimo con uno o più figli (per un totale annuo stimato di circa 21.000 euro lordi nel 2025).