La gestione della pensione in caso di decesso del titolare è un passaggio delicato che richiede attenzione e conoscenza delle regole nel sistema previdenziale italiano.
La morte di un pensionato non è soltanto un evento personale e familiare, ma comporta anche l’attivazione di procedure precise per evitare accrediti non dovuti o ritardi nella liquidazione di somme spettanti agli eredi.
Il tema centrale riguarda il pagamento nel mese in cui avviene il decesso: quando è legittimo conservarlo e quando, invece, deve essere restituito all’Inps. La normativa, se interpretata correttamente, consente di distinguere i casi e di agire in maniera tempestiva per evitare contenziosi e sanzioni.
Il principio di riferimento è chiaro: l’Inps interrompe l’erogazione della pensione a partire dal primo giorno del mese successivo alla morte. Di conseguenza, se il decesso avviene dopo che il pagamento è stato effettuato, la somma resta legittimamente acquisita.
Questo vale anche quando il decesso coincide con la data dell’accredito. Fino a quel momento, infatti, il diritto alla prestazione è pienamente valido e tutte le condizioni risultano soddisfatte. L’importo della pensione rientra nell’asse ereditario e sarà soggetto alle regole ordinarie di successione.
La situazione cambia se il decesso avviene alla fine del mese, ma l’accredito avviene nei primi giorni del mese successivo: in questo caso, la somma non spetta e deve essere restituita, trattandosi di un pagamento riferito a un periodo in cui il titolare non era più in vita.
Può capitare che, per ragioni burocratiche, l’Inps effettui il pagamento di uno o più mesi dopo il decesso del beneficiario.Tali importi sono considerati indebiti e devono essere rimborsati.
La restituzione può avvenire su iniziativa volontaria degli eredi oppure in seguito alla richiesta formale dell’Inps. L’ente ha facoltà di attivare procedure di recupero coattivo, inclusi pignoramenti e addebiti diretti, con l’aggiunta degli interessi di mora.
Quando il trattenimento delle somme legata alla pensione avviene con l’intenzione di nascondere la morte del titolare, si configura un’ipotesi di illecito penale, con accuse che possono variare dall’appropriazione indebita alla truffa aggravata. La giurisprudenza ha più volte confermato che l’uso consapevole di somme non spettanti espone a sanzioni severe.
Non tutti i pagamenti si interrompono senza lasciare diritti agli eredi. Tredicesima, quattordicesima e altri ratei maturati dal pensionato fino alla data della morte rientrano nell’asse ereditario e possono essere richiesti.
La procedura prevede la presentazione della domanda “Rate maturate e non riscosse” all’Inps. Possono farlo il coniuge superstite, i figli viventi alla data del decesso o, in mancanza, altri eredi legittimi o testamentari.
Il pagamento non avviene in automatico: è necessario fornire la documentazione che attesti la qualità di erede e il diritto alla riscossione.
Prima di entrare nel merito dell'argomento, vi consigliamo la visione del video YouTube di Studio Legale Terrenzio sulla pensione di reversibilità.
L’obbligo formale di segnalare il decesso spetta al medico necroscopo entro 48 ore, con successiva registrazione da parte del Comune entro 24 ore. Sebbene non esista un vincolo giuridico che imponga agli eredi di avvisare direttamente l’Inps, la comunicazione volontaria è fortemente consigliata per evitare l’accredito di somme indebite e le conseguenti richieste di rimborso.
Agire con rapidità riduce il rischio di dover affrontare procedimenti di recupero crediti e consente di tutelare al meglio il patrimonio familiare. La gestione corretta della pensione nel mese del decesso è una questione di precisione procedurale, ma anche di responsabilità verso l’ente previdenziale e la collettività.