L’autovelox si ritrova al centro dell’attenzione del dibattito politico e amministrativo di queste settimane.
Dal mese di settembre sarà operativa l’applicazione predisposta dal Ministero delle Infrastrutture per censire tutti i dispositivi in funzione sul territorio nazionale.
Il Ministero, guidato da Matteo Salvini, ha definito l’operazione come un intervento per rendere trasparente la presenza degli autovelox e rimuovere quelli non conformi o utilizzati con finalità diverse dalla prevenzione della velocità eccessiva.
Il decreto Infrastrutture stabilisce che Comuni, Province e Città metropolitane dovranno caricare sull’applicazione ministeriale informazioni complete per ogni dispositivo.
Gli enti locali avranno 60 giorni di tempo per inserire i dati richiesti: marca, modello, data di installazione e stato di conformità. In caso di mancata comunicazione entro il termine fissato, dal 18 ottobre scatterà lo spegnimento dell’apparecchio.
Non esiste oggi un numero ufficiale degli autovelox presenti in Italia. Secondo stime del Codacons, sarebbero oltre 11mila, ma la quota effettivamente omologata resta incerta.
La mappatura servirà a distinguere tra apparecchi conformi e non conformi.
L’Associazione Nazionale Comuni Italiani ha già segnalato al Mit che più della metà dei dispositivi attualmente in uso non risulta omologata secondo le norme vigenti.
Sul piano normativo, la distinzione tra omologato e autorizzato è stata oggetto di numerosi contenziosi.
L’omologazione è una certificazione tecnica rilasciata da un ministero competente che attesta la piena conformità del dispositivo agli standard previsti.
L’autorizzazione, invece, è un provvedimento amministrativo che consente l’utilizzo del modello, ma non sostituisce la verifica tecnica completa.
La Corte di Cassazione, in più pronunce, ha stabilito che sono valide soltanto le sanzioni rilevate con autovelox omologati. La regola vale anche per la decurtazione dei punti dalla patente, ma non per il ritiro della stessa.
Prima del 2021, l’omologazione era competenza del ministero dello Sviluppo economico, oggi ministero delle Imprese e del Made in Italy. Dopo il 2017, il Mit ha considerato automaticamente omologati gli apparecchi autorizzati secondo i nuovi standard tecnologici, ma questa interpretazione non ha trovato sempre accoglimento in sede giudiziaria.
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Ogni conducente che riceve una sanzione può valutare la possibilità di ricorrere se ritiene che l’accertamento sia avvenuto in condizioni non conformi alla legge.
Il caso più rilevante riguarda l’uso di autovelox non omologati: come stabilito dalla Corte di Cassazione, una multa è valida solo se il dispositivo è dotato di certificazione tecnica. Se manca questa indicazione nel verbale, il provvedimento può essere contestato.
Esistono anche altre circostanze che possono legittimare il ricorso:
Il ricorso può essere presentato:
In entrambi i casi è consigliabile richiedere preventivamente l’accesso agli atti per verificare la documentazione tecnica del dispositivo e la regolarità della procedura di accertamento.
Il decreto ministeriale di maggio 2024 ha introdotto nuove regole per l’installazione e l’uso dei rilevatori di velocità. I tratti di strada dove collocarli devono essere individuati dal prefetto e la presenza dei dispositivi va segnalata con cartelli almeno un chilometro prima fuori dai centri abitati.
La distanza minima tra due autovelox varia da 1 a 4 chilometri a seconda del tipo di strada.
Sulle strade extraurbane, i dispositivi possono essere posizionati solo dove il limite di velocità non è ridotto di oltre 20 km/h rispetto al massimo consentito. In ambito urbano, l’installazione è ammessa quando il limite è di 50 km/h o, in presenza di piste ciclabili e percorsi ciclopedonali, di 30 km/h.
Per i rilevatori mobili è richiesta la possibilità di contestare immediatamente l’infrazione.