Il condono contributivo, previsto dalla Legge di Bilancio 2024 e chiarito dall’ultima circolare INPS n. 118/2025, apre un capitolo complesso ma strategico per la gestione delle posizioni previdenziali delle pubbliche amministrazioni.
La misura consente di sanare i debiti contributivi relativi a periodi di lavoro antecedenti al 31 dicembre 2004, senza versamento di somme, ma con l’invio delle denunce contributive tramite flussi UniEmens/ListaPosPa.
Una novità che modifica la storia assicurativa di migliaia di lavoratori e pensionati.
Ma quali effetti produce sulle pensioni già liquidate? In che modo incide su TFS e TFR? Quali margini ha l’INPS per ricalcolare gli assegni con importi in aumento o diminuizioen? E soprattutto: come funzionano i termini di tre anni richiamati dalla normativa?
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La disciplina del condono contributivo riguarda le amministrazioni pubbliche con posizioni assicurative non regolarizzate entro la fine del 2004. L’adesione avviene inviando le denunce contributive mancanti, senza oneri economici a carico degli enti. Si tratta di una misura che riconosce effetti diretti su:
Il beneficio è circoscritto alle posizioni non denunciate o dichiarate in modo incompleto, spesso corrette manualmente in prossimità del pensionamento. Con l’attuazione del condono contributivo, l’INPS procede all’aggiornamento delle posizioni, incidendo sul calcolo di prestazioni già in pagamento o ancora da liquidare.
Uno degli aspetti centrali riguarda il ricalcolo delle pensioni. La circolare INPS chiarisce che l’effetto può tradursi in assegni più alti o più bassi, a seconda della variazione retributiva derivante dall’invio delle denunce.
L’applicazione del limite triennale, richiamato dall’art. 3, comma 9 della Legge 335/1995, rappresenta il punto cardine per comprendere l’operatività della misura.
Oltre alla pensione, il condono contributivo influisce anche su altre prestazioni previdenziali collegate alla posizione assicurativa. Nei casi di riscatto, ricongiunzione o totalizzazione, il nuovo quadro retributivo può determinare ricalcoli, purché la richiesta intervenga entro tre anni dal provvedimento originario.
Le differenze tra le gestioni previdenziali restano rilevanti: i riferimenti normativi variano infatti a seconda della cassa di iscrizione (CPDEL, CPS, CPI, CPUG, CTPS). L’aggiornamento dei dati retributivi, anche a distanza di vent’anni, può modificare la base di calcolo delle prestazioni integrative o sostitutive, incidendo così sul reddito pensionistico complessivo.
Il trattamento di fine servizio (TFS) e quello di fine rapporto (TFR) rientrano pienamente nell’ambito del condono contributivo. Le variazioni nelle denunce contributive possono comportare:
Il meccanismo di rettifica si innesta sullo stesso limite temporale dei tre anni. Laddove si tratti di errori materiali o di calcolo, il termine per l’intervento è di un anno dalla comunicazione del provvedimento. Nei casi di documenti sopravvenuti, invece, l’INPS dispone di 60 giorni per intervenire.