Il film di Paolo Sorrentino presentato nel corso della giornata inaugurale della Mostra del Cinema di Venezia, "La grazia", è destinato a riportare d'attualità il tema del fine vita.
Al centro della trama, infatti, c'è un Presidente della Repubblica, interpretato da Tony Servillo, alle prese con due casi in cui, secondo le prerogative che gli offre la Costituzione, può dare la grazia a due persone che avevano staccato la spina ai loro rispettivi partner e per questo sono stati condannati per omicidio.
Il Capo dello Stato della sceneggiatura di Sorrentino è tormentato dalla scelta che è chiamato a compiere. Anche se sua figlia, che inevitabilmente ricorda la figura di Laura Mattarella, gli fa capire che è a favore dell'eutanasia o, meglio, del suicidio medicalmente assistito, il tema di fondo è chi o cosa può decidere della vita nei casi limite, quando una persona si trova impossibilitata a stare al mondo se non con atroci sofferenze e magari ha chiesto di morire.
è la battuta attorno alla quale ruota il film. Ma non solo: quello del fine vita è un tema da tempo dibattuto nel nostro Paese. E qualcosa, negli ultimi anni, è cambiato.
L'Italia del 2009 che si spaccava per il caso di Eluana Englaro, la ragazza in coma vegetativo da 17 anni per la quale il padre Beppino ricevette l'autorizzazione a sospendere l'alimentazione artificiale solo dopo 11 anni di processi e 15 sentenze, spesso discordanti tra loro, non è quella di oggi.
Ormai non è più un dogma, né per la Chiesa né per i partiti politici come la Lega parlare di fine vita.
A febbraio scorso, del resto, quando Matteo Salvini sondò la sua base sui social ("Sarebbe giusto, secondo te, che il parlamento approvasse una legge sul fine vita per stabilire criteri, modi e tempi per permettere ai malati terminali di decidere, in piena coscienza, di porre fine alla propria esistenza?") fu subissato di sì.
Qualcosa è cambiato non solo nella nostra società, ma anche nelle nostre istituzioni. La Corte Costituzionale sancisce dal 2019 l'ammissibilità del fine vita e le Regioni, da allora, stanno andando in ordine sparso su questo tema sebbene la Toscana sia l'unica che è riuscita ad arrivare a una legge.
In Friuli, in Veneto, in Lombardia e Piemonte, invece, è stata bocciata o bloccata in consiglio regionale. In Sicilia, in Calabria, Puglia, Campania, Abruzzo, Lazio, Marche, Emilia-Romagna, Sardegna e Val d'Aosta ci sono, invece, delle proposte di legge depositate ma non ancora arrivate al momento della verità.
E comunque: sempre a febbraio scorso, SkyTg24 commissionò un sondaggio secondo il quale il 77% degli intervistati si diceva favorevole a una legge; contrari solo il 14% mentre il 9% era senza un'opinione precisa.
Ma cosa prevede l'unica legge regionale vigente in Italia sul fine vita, quella della Toscana?
In primis, la norma fatta approvare dalla giunta Giani indica le figure professionali che devono far parte di una commissione che, con il comitato di bioetica, è chiamata a valutare le istanze dei malati.
Le Asl devono rispondere alle richieste del consenso al suicidio medicalmente assistito entro trenta giorni.
E ancora le Asl pagano il farmaco (costa 35 euro) e mettono a disposizione il personale sanitario per il suicidio.
La legge, però, ammette l'obiezione di coscienza.
E comunque: persino la Chiesa sta assumendo una posizione molto meno rigida rispetto al passato sul fine vita.
L'8 agosto del 2024, monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, consegnò nelle mani di Papa Francesco il "Piccolo lessico del fine vita", un vademecum che invitava a ricercare "uno spazio per la ricerca di mediazioni sul piano legislativo".
Un anno dopo, bisognerà vedere se Papa Leone XIV sarà d'accordo a compiere un ulteriore passo avanti. Chissà se "La grazia" di Sorrentino metterà alla prova anche lui.