“Mi possono pignorare la pensione? In che misura lo stipendio? Cosa succede se i soldi sono già sul conto?” Sono molte le domande ricevute che sollevano il problema del pignoramento di pensioni e stipendi. Un dibattito attuale, anche perché riguarda numerosi cittadini in difficoltà economica quotidiana.
Per rispondere tempestivamente ai lettori occorre analizzare le disposizioni normative contenute nell’articolo 545 c.p.c. (crediti impignorabili e limiti) e nell’articolo 72-ter del DPR 602/1973 (pignoramenti dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione sugli emolumenti da lavoro).
Il primo aspetto da considerare è che dal 2022 sono state introdotte nuove tutele per i pensionati con l’articolo 21-bis del Decreto-legge n. 115/2022 (Aiuti-bis), successivamente convertito nella legge n. 142/2022.
Con questa norma è stato fissato il “minimo vitale” impignorabile al doppio dell’assegno sociale mensile, con un importo soglia minimo pari a 1.000 euro. Attualmente, con la rivalutazione dell’assegno sociale, tale limite è salito a 1.077,38 euro (ovvero 2 × 538,69 euro), valore oggi considerato fondamentale.
Per rendere più chiari i risvolti pratici, è utile richiamare il contributo dell’Avv. Angelo Greco, che nel video YouTube dal titolo “Quanto deve essere la pensione per non essere pignorata?” illustra in modo semplice i criteri per calcolare il minimo vitale e segnala gli errori più comuni da evitare.
Secondo la normativa, per i pensionati il minimo vitale è impignorabile. Non stupisce quindi che sia l’eccedenza a poter essere aggredita dai creditori. La legge prevede il pignoramento fino a un quinto, pari al 20% del trattamento, comunque nei limiti speciali di legge stabiliti con precisione.
Con la rivalutazione dell’assegno sociale, il minimo vitale impignorabile è attualmente fissato a 1.077,38 euro. Se, ad esempio, un pensionato percepisce un trattamento netto di 1.300 euro, la trattenuta sarà calcolata sulla quota eccedente (1.300 − 1.077,38), e non sull’intero importo come spesso si teme erroneamente.
In diverse ordinanze, la Corte costituzionale ha sottolineato l’automatismo di questa tutela a garanzia del sostentamento minimo, ribadendo chiaramente i principi.
E se la pensione è già accreditata sul conto? L’articolo 545 del codice di procedura civile stabilisce che le somme accreditate su conto corrente bancario o postale sono pignorabili solo per l’importo che eccede il triplo dell’assegno sociale. Ciò significa che la base di calcolo è pari a tre mensilità rivalutate ogni anno. Questa norma funge da salvaguardia, evitando che il pignoramento colpisca tutta la liquidità minima necessaria alla sopravvivenza.
“È vero che dal 2025 non si pignorano più le pensioni?” No. Le pensioni restano pignorabili nella parte eccedente il minimo vitale aggiornato. Come confermato anche da Fondo Poste, non esiste un blocco totale: il limite più alto deriva semplicemente dalla rivalutazione dell’assegno sociale e dalla sua applicazione pratica.
Per il pignoramento dello stipendio si applicano le disposizioni dell’articolo 545 del Codice di Procedura Civile. Tuttavia, se il creditore è l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, valgono regole diverse. L’articolo 72-ter del DPR 602/1973 prevede infatti aliquote graduate, che operano direttamente in busta paga e prevalgono sulla normativa generale in modo vincolante:
Le soglie impignorabili vengono aggiornate ogni anno dall’INPS, perché le prestazioni assistenziali e previdenziali sono rivalutate annualmente. Di conseguenza, se aumenta l’assegno sociale, cresce automaticamente anche l’importo soglia impignorabile, sia per le pensioni sia per i conti correnti dove confluiscono gli accrediti, garantendo maggiore protezione sociale.
Con la circolare n. 23/2025, l’INPS ha rivalutato i trattamenti portando l’assegno sociale a 538,69 euro, erogati per 13 mensilità, per un totale annuo di 7.002,97 euro. Un incremento che ha fatto salire il minimo vitale impignorabile a 1.077,38 euro, rafforzando ulteriormente le tutele minime.
Sul piano procedurale, gli effetti della riforma Cartabia (D.Lgs. 149/2022) continuano a farsi sentire. La spinta verso la digitalizzazione e l’uso crescente degli atti telematici ha reso più rapidi diversi passaggi dei processi civili, con riflessi pratici anche nelle procedure di pignoramento presso terzi, che si tratti di aziende o dell’INPS. Resta invece immutato il quadro dei limiti percentuali, che non subiscono modifiche ma si applicano con maggiore efficienza.