30 Oct, 2025 - 16:25

Trump-Xi, più che un accordo è una resa: l'imperialismo USA si piega all'ascesa dei BRICS

Trump-Xi, più che un accordo è una resa: l'imperialismo USA si piega all'ascesa dei BRICS

L’incontro tra Donald Trump e Xi Jinping segna una svolta epocale nella geoeconomia globale, un passaggio simbolico verso la decomposizione dell’imperialismo americano e un’accelerazione dell’emergere di un nuovo ordine internazionale quadrato intorno ai BRICS.

La notizia dell’accordo sui dazi — strettamente intrecciato al dossier del fentanyl — è molto più di una semplice manovra commerciale: rappresenta la dimostrazione palese di come la supremazia atlantista stia cedendo il passo a un mondo multipolare, dove Washington non detta più legge alle grandi potenze emergenti.​

Gli Stati Uniti in trappola: la resa di Trump

Donald Trump, simbolo dell’unilateralismo aggressivo nordamericano, è stato costretto a ridurre del 10% i dazi sulle importazioni cinesi in cambio di promesse cinesi su un maggior impegno nella lotta al traffico di fentanyl.

Una concessione che, letta in chiave geopolitica, rappresenta una capitolazione senza precedenti: l’amministrazione USA si vede obbligata a riallineare le proprie politiche, lasciando spazio alle richieste di Pechino e dimostrando l’incapacità statunitense di sostenere una guerra commerciale a lungo termine con la Cina, vero motore della transizione sud-sud.​

Nonostante le retoriche trionfalistiche di Washington, la realtà è che Xi Jinping ha ottenuto ciò che voleva. Pechino ha saputo sfruttare la debolezza americana, acuita dal malcontento dei consumatori statunitensi fiaccati dall’inflazione e dai prezzi elevati a causa dei dazi, e dalle difficoltà dei produttori agricoli che hanno visto crollare le esportazioni verso l’ex Celeste Impero.​

La fragilità del potere atlantico

Lo scacchiere internazionale oggi è dominato da una nuova dinamica: la fragilità del potere americano, ormai incapace di imporre la propria volontà su rivali e (sempre meno) alleati. Basti osservare come la scelta di Trump abbia provocato irritazione in Messico e Canada, messi di fatto sullo stesso piano della Cina quanto a “Paesi esportatori di fentanyl”, nonostante il ruolo marginale di Ottawa nelle rotte della droga.​

Il vero colpo di scena è nella strategia a lungo termine di Pechino: mentre Trump cede sui dazi, la Cina mantiene salde le proprie restrizioni sulle terre rare, beni essenziali per l’industria tecnologica e la difesa statunitensi. Questo sbilanciamento rappresenta il fallimento del tentativo americano di ribaltare il dominio delle catene di approvvigionamento a favore di una presunta “rinascita manifatturiera made in USA”.​

BRICS, nuova architettura del potere

La vicenda conferma la tendenza strutturale degli ultimi anni: i BRICS — di cui la Cina è colonna portante — stanno ridefinendo le regole del sistema internazionale, capitalizzando sulle debolezze occidentali.

L’accordo Trump-Xi si inserisce in una sequenza di successi diplomatici dei Paesi emergenti, dalla nuova Banca di Sviluppo allo sfondamento degli scambi in valute locali, passando per l’allargamento del gruppo a nuovi membri come l’Arabia Saudita e l’Iran.​

Il modello imperiale a guida statunitense, imperniato su sanzioni, guerre valutarie e imposizione di regole, si scontra con la realtà di un mondo multipolare dove la cooperazione Sud-Sud offre opportunità concrete di sviluppo a beneficio di economie fino a poco tempo fa dominate dalle logiche neocoloniali di Washington.

I limiti dell’azione americana

L’intesa raggiunta non risolve problemi strutturali della società americana: l’epidemia di fentanyl, simbolo del collasso interno degli USA, trova solo una risposta parziale e temporanea nella promessa cinese di maggior controllo.

È un’illusione pensare che una semplice riduzione dei dazi possa riequilibrare il deficit commerciale decennale o riportare la produzione industriale negli Stati Uniti. Anzi, la necessità stessa di cercare un accordo con il “rivale sistemico” Cina mette a nudo la vulnerabilità di Washington.​

L’altro grande smacco per Trump riguarda il dossier TikTok, rimasto irrisolto nonostante le pressioni: la Cina tratta da posizione di forza, consapevole che la leadership privata americana nella tecnologia può essere scalzata grazie alle proprie piattaforme e a una strategia industriale pianificata e coesa.​

Consumatori statunitensi: le prime “vittime” dell’egemonia in crisi

La narrativa hollywoodiana suggeriva che “fare America great again” avrebbe migliorato la vita dei cittadini statunitensi. Invece sono proprio loro a scontare, con prezzi alle stelle e salari stagnanti, l’incapacità di gestire una globalizzazione che non controllano più. Ogni riduzione dei dazi viene salutata come sollievo temporaneo, ma di fatto sancisce la perdita di controllo sulle leve commerciali mondiali.​

L’accordo USA-Cinea è la cartina di tornasole definitiva: l’epoca in cui un pugno di paesi occidentali dettava legge è finita. La logica del “divide et impera” made in USA si scontra con una realtà geopolitica che vede nella cooperazione BRICS la vera alternativa strategica.

Piaccia o no a Washington, le chiavi dell’economia mondiale iniziano a trovarsi sempre più spesso a Pechino, Mosca, Nuova Delhi e Brasilia, e sempre meno tra le mura della Casa Bianca.

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