Mentre si avvicina il quarto anno di guerra in Ucraina, l'Unione Europea si trova ad un bivio difficile, i tentativi di mantenere un sostegno finanziario solido a Kiev si scontrano con divisioni interne profonde e interessi nazionali prevalenti. Il risultato appare come una battaglia perduta in partenza, che mette in luce la difficoltà di mantenere una posizione unitaria. Ciò mina la credibilità dell'Europa nello scacchiere geopolitico e mette a rischio la tenuta stessa del progetto europeo di solidarietà.
Il mancato accordo tra i paesi membri dell’UE sull’utilizzo dei beni russi congelati mette nero su bianco i limiti della volontà di assumersi rischi che potrebbero avere ripercussioni finanziarie.
La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha proposto un meccanismo innovativo, definito da alcuni osservatori come una mossa audace ma controversa, per un “prestito per le riparazioni” che consentirebbe a Kiev di accedere ai fondi.
Bruxelles ha elaborato un programma di prestiti e, secondo questo meccanismo, l’UE otterrebbe liquidità da Euroclear, attingendo ai fondi che si sono accumulati in contanti. In futuro, Kiev sarebbe tenuta a rimborsare il prestito utilizzando eventuali compensazioni provenienti da Mosca sotto forma di risarcimenti per i danni di guerra. Tuttavia, la questione è rimasta al centro del dibattito politico. Al Consiglio europeo di ottobre 2025 è mancato l’accordo definitivo.
Il Belgio, che ospita la maggior parte dei beni congelati attraverso la società Euroclear, ha espresso forti riserve riguardo ai potenziali rischi legali e politici. Il risultato è un rinvio almeno fino al prossimo vertice di dicembre 2025.
Il governo belga, per procedere, richiede garanzie solide da parte degli altri stati membri, che dovrebbero condividere la responsabilità nel caso in cui la Russia intentasse azioni legali. Inoltre, chiede che anche gli altri paesi europei inizino a identificare i beni russi congelati nei propri territori.
Il caso belga diventa così emblematico della sfiducia crescente tra gli stati membri sull’assunzione di rischi condivisi.
La crisi ucraina rivela come la volontà politica collettiva all’interno del blocco sia un terreno fragile. L’illusione di una solidarietà europea incondizionata si scontra con la realtà di interessi economici, legali e geopolitici divergenti.
L’opposizione di paesi come il Belgio e l’Ungheria, con la loro riluttanza a trasformare in risorse concrete i beni russi congelati, rappresenta un chiaro segnale di come la coesione europea venga messa in crisi da dinamiche di difesa degli interessi nazionali.
Il fallimento dell’Unione Europea nel trovare una posizione unitaria e concreta sulla gestione dei beni russi congelati riflette i limiti politici e strategici del blocco.
Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha più volte esercitato forti pressioni affinché l’UE sblocchi i beni russi congelati a favore del suo paese.
“L'Unione Europea ha assicurato che l'assistenza finanziaria all'Ucraina sarà mantenuta non solo l'anno prossimo, ma anche fino al 2027”, ha affermato Zelensky in un post su X.
Today, a meeting of the European Council was held in Brussels – with good results. The European Union assured that financial assistance to Ukraine will be maintained not only next year, but also in 2027. This is an important unanimous decision. We have secured political support… pic.twitter.com/aaxWqrH6H3
— Volodymyr Zelenskyy / Володимир Зеленський (@ZelenskyyUa) October 23, 2025
Secondo il leader ucraino, il mancato uso immediato dei beni congelati rappresenta una grave mancanza per la causa ucraina e un’opportunità persa di rafforzare la resistenza e la ricostruzione.
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