Renato Brunetta, presidente del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (Cnel), si è appena assicurato un aumento di stipendio significativo, portando la sua retribuzione annua da 250mila euro a 310mila euro.
Niente male come regalo di Natale anticipato, no?
Sta di fatto che questa decisione, ufficializzata in una delibera del Cnel pubblicata all’inizio di novembre 2025, ha scatenato un acceso dibattito politico con forti reazioni dall’opposizione e anche qualche malumore all’interno della stessa maggioranza.
Renato Brunetta ha fatto scattare la modalità Babbo Natale approfittando della recente sentenza della Corte Costituzionale che ha eliminato il tetto massimo di 240mila euro per le retribuzioni dei dirigenti pubblici.
Questo limite era entrato in vigore con il governo Renzi. Ma ora è stato considerato dalla Consulta illegittimo.
Di conseguenza, il Cnel si è subito allineato: ha deliberato un aumento complessivo degli stipendi dei suoi vertici, che ha portato lo stipendio del presidente Brunetta a 310 mila euro annui, con effetto retroattivo da agosto 2025.
Questo adeguamento prende in considerazione gli incrementi medi dei lavoratori pubblici e riallinea le retribuzioni del Cnel ai parametri delle alte cariche della magistratura, come il primo presidente della Corte di Cassazione, che percepisce circa 311mila euro l'anno.
In ogni caso: il provvedimento ha fatto lievitare la spesa complessiva per i compensi delle alte cariche del Cnel da circa 850mila euro a quasi 1,9 milioni di euro annui.
Ma visto che Renato Brunetta si è trasformato subito in Babbo Natale, le reazioni politiche non sono mancate.
Tra le più forti si segnala proprio quella di Matteo Renzi, che ha definito la scelta un "poltronificio" e un segnale negativo in un momento in cui molti italiani faticano economicamente.
Anche altre forze di opposizione hanno condannato l’aumento, accusando il governo di favorire la casta politica e premiare i vertici pubblici a discapito del ceto medio.
Ma, come dire: nulla di nuovo sotto al sole.
In ogni caso, visto che a fare notizia è stato l'aumento dello stipendio del presidente del Cnel, torna inevitabilmente d'attualità una vecchia domanda:
Il Cnel, in realtà, da anni è nel mirino di chi vorrebbe una seria spending review. Più volte è stato al centro di discussioni politiche per il suo ruolo, spesso considerato ridondante e poco efficace.
L'ultima volta che si è parlato di un possibile referendum per la sua abolizione, poi superato con una serie di riforme che ne hanno ridotto l’incidenza, è stato nel 2021.
Nonostante ciò, il Consiglio nazionale dell’Economia e del Lavoro continua a esistere sebbene con continui tagli e pressioni per la sua eventuale soppressione.
Questa vicenda dell’aumento degli stipendi dei suoi vertici, a partire dal presidente Renato Brunetta, rischia, quindi, di alimentare ulteriori critiche e dubbi sulla sua utilità in un contesto politico ed economico particolarmente sensibile alla spesa pubblica.
La vicenda del rinnovo delle retribuzioni dei vertici del Cnel è vista da molti come la rappresentazione plastica delle contraddizioni che accompagnano quest'organismo chiamato a dare rappresentanza e supporto alle parti sociali.
L'istituzione con sede a villa Borghese è tra i pochi enti pubblici che, nei fatti, riesce a mantenere livelli di spesa elevati nonostante il clima generale di austerità. Rappresenta una sfida infinita tra la necessità di preservarne la funzione consultiva e la richiesta di maggiore trasparenza e contenimento dei costi pubblici.
Finora, l'ha vinta il Cnel. Facendo arrivare anche Natale in anticipo.
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