Luigi Lo Cascio in una scena di Lacci, regia di Daniele Luchetti. Foto di Gianni Fiorito[/caption]
Napoli, primi anni ‘80. Aldo e Vanda (Lo Cascio e Rohrwacher) si sono giurati amore eterno. Smaniosi di conquistare una propria indipendenza e costruire qualcosa di loro, con l’impiego stabile in Rai di lui e l’impegno in casa a tempo pieno di lei, tutto sembra andare per il meglio e l’arrivo di due bambini può solo che completare il grazioso e felice quadretto familiare. Quel perfetto equilibrio, idilliaco quanto illusorio, si spezza con la confessione di Aldo: è stato con un’altra donna, forse è innamorato, forse no, forse ancora non lo sa. Ma sa di volere indietro la propria indipendenza, e corre a Roma dalla nuova fiamma.
Seguono anni bui per i due. Vanda invece di lasciarlo andare vorrebbe riportarlo a casa, dai bambini, da lei. Tra crisi di nervi e isterie, il candore glaciale della Rohrwacher riporta indietro un impenetrabile Lo Cascio ma l’armonia della coppia, che all’apparenza si ricompone, è incrinata irreversibilmente.
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Silvio Orlando e Laura Morante sul set di Lacci. Foto di Gianni Fiorito[/caption]
Una promessa non mantenuta, un amore disamorato, poi ripreso, poi sofferto, non voluto (involuto). Ritroviamo la coppia all’alba dei sessanta, a punzecchiarsi in una casa mausoleo, tempio di quel loro amore fallito. Questa volta in azione ci sono Laura Morante e Silvio Orlando, la retorica li assale nel bel mezzo di un buon caffè, tra cocci e macerie dell’appartamento vandalizzato da ignoti. Di ritorno dalle vacanze è questo che trovano, il caos. Le chiavi e il gatto Labes lasciati - forse incautamente - ai figli ormai grandi: una Giovanna Mezzogiorno primogenita devastata e un Adriano Giannini ai minimi termini, azzerato da ex fidanzate, mogli, amanti con esigenze sempre nuove, pronte a impartire ordini.
Daniele Luchetti ci racconta i danni causati dell’amore e per farlo non può che catapultare l’attore al centro. Indagare quasi ossessivamente ogni espressione, tutto deve avvenire a favor di camera. Di certo non un problema con un casting tanto azzeccato. Una corolla di performance sapientemente raccordate si schiude attorno al talento e alla sensibilità di un autore nostrano, che se da un lato rende questa apertura meno internazionale d’altro con i suoi lacci porta tutti i nodi al pettine. Perché quest'anno è la forza della qualità - ci ricorda il direttore Antonio Barbera - il vero motore del festival, italiana o internazionale che sia.
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