Uno studio congiunto dell'Istituto Neurologico Carlo Besta e dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri ha prodotto risultati soddisfacenti per la cura del morbo di Alzheimer, dimostrando l’efficacia di uno spray somministrato per via nasale. Al momento la sperimentazione è stata eseguita su un modello animale.
La sperimentazione dello spray nasale condotta della Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta in collaborazione con l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri ha dimostrato l'efficacia di una molecola a contrasto dell’Alzheimer. Al momento, i test sono stati eseguiti solo su topi ed i soddisfacenti risultati sono stati diffusi sulla rivista britannica Molecular Psychiatry.
Lo studio rappresenta un incoraggiante avanzamento per lo sviluppo di un farmaco per la cura della malattia di Alzheimer nell’uomo, la più comune forma di demenza in età avanzata e tuttora incurabile.
Gli approcci terapeutici finora esplorati dalla comunità scientifica internazionale non hanno purtroppo ancora portato all’identificazione di un composto in grado di contrastare efficacemente la malattia, se non addirittura prevenirla.
Finora la ricerca scientifica finalizzata alla scoperta di una soluzione per il morbo di Alzheimer ha dimostrato che impedire o rallentare la formazione di aggregati delle due proteine coinvolte, la proteina beta-amiloide e la proteina tau, non è sufficiente a sconfiggere la malattia. È indispensabile, infatti, inibire contemporaneamente gli effetti neurotossici di queste due proteine.
La nuova strategia sviluppata per contrastare l’Alzheimer si basa su una scoperta antecedente degli stessi autori che hanno identificato una variante naturale della proteina beta amiloide che protegge i soggetti portatori dallo sviluppo dalla malattia e questo ha permesso di sintetizzare la molecola (un piccolo frammento formato da 6 aminoacidi) utilizzata nello studio.
Il test ha dimostrato che questa sostanza, se somministrata per via nasale, durante le fasi precoci della malattia è efficace ad inibire l’accumulo della proteina beta amiloide, proteggendo così i neuroni dai suoi effetti tossici.
Fabrizio Tagliavini e Giuseppe Di Fede, due neurologi dell’Istituto Neurologico Carlo Besta, sul funzionamento del farmaco chiariscono:
Inoltre, Mario Salmona, biochimico dell’Istituto Mario Neri, precisa:
La malattia di Alzheimer prende il nome dal neurologo tedesco Alois Alzheimer che nel 1907 ne descrisse per primo le caratteristiche ed è una sindrome a decorso cronico e progressivo che colpisce circa il 5% della popolazione al di sopra dei 65 anni. L’inizio è generalmente insidioso e graduale, il decorso è lento e la durata media di malattia è di 8-10 anni dalla comparsa dei sintomi.
L’Alzheimer rappresenta la causa più comune di demenza nella popolazione anziana dei paesi occidentali nonché una delle maggiori cause di disabilità nella popolazione generale. Il rischio di contrarre la malattia aumenta con l’età, si stima infatti, che circa il 20% della popolazione ultra-ottantacinquenne ne sia affetta.
La malattia si manifesta attraverso sintomi cognitivi come la difficoltà di memoria, di linguaggio, di riconoscimento di oggetti e il disorientamento, funzionali come la difficoltà nello svolgere le attività della vita quotidiana e infine anche comportamentali, come l'agitazione, l'ansia e la depressione che con il tempo peggiorano. Quindi la persona malata con il progredire della malattia necessiterà di un’assistenza sempre più intensa e continua.