Il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte si era fin qui astenuto da qualsiasi commento sullo scandalo Qatargate, tuttavia ha diffuso nelle ultime ore il suo pensiero a riguardo in un'intervista a Repubblica.
I temi collaterali toccati dal dibattito sono stati la questione morale, la legge sulle lobby e la possibile intaccatura dell'immagine dell'intero centrosinistra.
Giuseppe Conte è convinto che l'immagine dell'Italia in Europa fosse già poco benaugurante prima che lo scandalo Qatargate, denominato anche "Italian Job" da alcuni tabloid stranieri (con riferimento ai metodi "all'italiana", ossia lo scambio di mazzette sottobanco). Il riferimento è alle proposte (e alla sonora sconfitta) che il governo attuale ha presentato a Bruxelles, venendo poi respinto o ridimensionato.
Sull'esigenza di ottemperare a una questione politica morale, l'Avvocato rimarca il concetto di onestà come "premessa etica alla base di ogni nostra scelta politica" e ricorda il lavoro fatto durante i suoi governi per debellare "il virus della corruzione". A fronte di quanto accaduto al Parlamento Europeo, Conte rilancia dunque agli partiti l'appello a costruire insieme una legge sulle lobby che vieti ogni tipo di conflitto d'interessi con Paesi stranieri, come avvenuto con il Qatar (e forse anche con il Marocco):
Alla domanda un po' faziosa sul fatto che il Pd abbia subìto una nuova batosta pubblica dopo le elezioni politiche, il capo dei pentastellati esula e fa un discorso più a tutto tondo sulla fiducia che i cittadini italiani debbano avere nelle istituzioni e nei loro rappresentanti. "Integrità morale ed etica pubblica non fanno parte solo della sinistra, sicuramente chi è rimasto coinvolto dovrà fare più di una semplice sospensione": così Conte rilancia il suo invito ad assestare un colpo secco contro l'affarismo.
Il nome che viene immediatamente in mente quando si parla di rapporti istituzionali con Paesi esteri è quello di Matteo Renzi, spesso vicino all'Arabia Saudita e all'area del Golfo Persico. Qui Conte riprende la frase pronunciata a suo tempo da Calenda prima del sodalizio e definisce questa regola in formato universale: no a contributi da altri Stati: