Una proposta di legge per abrogare il reato di tortura introdotto nell’ordinamento italiano nel 2017 dopo un tormentato iter parlamentare. A presentarla sono alcuni esponenti di Fratelli d’Italia con prima firmataria Imma Vietri. Con il provvedimento, assegnato in Commissione Giustizia della Camera, si intendono di fatto abrogare gli articoli 613-bis e 613-ter del Codice penale che introducevano il reato e si lascia in piedi solo una sorte di aggravante all’articolo 61 del codice penale.
Dopo un articolato iter parlamentare, nel 2017 sono stati introdotti nel nostro ordinamento i reati di tortura e di istigazione alla tortura con l'articolo 1 della legge n. 110 connotando l'illecito in modo solo parzialmente coincidente con la Convenzione ONU del 1984 che, in particolare, definisce la tortura come reato proprio del pubblico ufficiale.
L'articolo 613-bis del codice penale punisce con la reclusione da 4 a 10 anni chiunque, con violenze o minacce gravi ovvero agendo con crudeltà cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza ovvero che si trovi in situazione di minorata difesa, se il fatto è commesso con più condotte ovvero comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona.
La necessità della pluralità delle condotte (violenze o minacce) non sembra, quindi, consentire di contestare il reato di tortura in presenza di un solo atto di violenza o minaccia. Peraltro, dalla formulazione del testo si realizza il reato di tortura anche qualora si sia determinato un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona. In tale ultima ipotesi, per la contestazione del reato, si dovrebbe prescindere dalla pluralità delle condotte.
Sono poi previste dall'art. 613-bis fattispecie aggravate del reato di tortura:
La legge 110 introduce, poi, nel Codice penale l'art. 613-ter con cui si punisce l'istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura. In particolare, è prevista la reclusione da sei mesi a tre anni per pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che, nell'esercizio delle funzioni o del servizio, istiga in modo concretamente idoneo altro pubblico ufficiale o altro incaricato di un pubblico servizio a commettere il delitto di tortura, se l'istigazione non è accolta ovvero se l'istigazione è accolta ma il delitto non è commesso.
Numerosi atti internazionali affermano che nessuno può essere sottoposto a tortura, né a pene o trattamenti inumani o degradanti: tra gli altri, la Convenzione di Ginevra del 1949, relativa al trattamento dei prigionieri di guerra; la Convenzione europea dei diritti dell'uomo del 1950 (ratificata dalla L. 848/1955), la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948, il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1966 (ratificato dalla L. 881/1977), la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 2000, la Convenzione ONU del 1984 contro la tortura ed altri trattamenti e pene crudeli, inumani e degradanti (la cd. CAT), ratificata dall'Italia con la legge n. 489/1988; lo Statuto di Roma, istitutivo della Corte penale internazionale del 1998 (L. 232/1999). La maggior parte di tali atti si limita a proibire la tortura ma non ne fornisce una specifica definizione.