Se i medicinali tradizionali non funzionano, ci sono gli antibiotici. E se fossero gli antibiotici a non funzionare? La campanella d’allarme che risuona in ambito medico è proprio quella dell’antibiotico-resistenza, situazione in cui anche questa tipologia di farmaco è inefficace contro alcuni microrganismi.
Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, ogni anno a causa di infezioni dovute a batteri resistenza agli antibiotici muoiono 700mila persone; di questi, oltre 10mila in Italia. Il 75% di questi casi è definito ICA, infezioni correlate all’assistenza: l’agenzia italiana del farmaco, esse costituiscono la complicanza più frequente e grave dell’assistenza sanitaria e possono verificarsi in ogni ambito assistenziale, incluso gli ospedali.
Uno studio riportato dall’Istituto Superiore di Sanità stima che nel 2019 si sono verificati 13,7 milioni di decessi per infezioni a livello globale, dei quali 7,7 milioni associati alle 33 specie batteriche sia sensibili che resistenti agli antibiotici. Più della metà dei decessi sono stati causati da cinque principali batteri patogeni quali Staphylococcus aureus, Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae, Pseudomonas aeruginosa e Streptococcus pneumoniae.
Proprio quest’ultimo sembra aver tratto i maggiori benefici dall’avvento del Sars-CoV-2: secondo uno studio francese dell’Istituto Pasteur infatti, per quanto riguarda lo Streptococcus Pneumoniae la situazione è anche peggiorata. Di questo batterio, che può causare polmonite e infezioni del sangue potenzialmente letali, ha registrato sì una diminuzione dei casi ma, di contro, la percentuale di casi resistenti agli antibiotici sia aumentata. La sfida della medicina del futuro, passa anche da qui, dalla sfida di trovare nuove barriere alle resistenze di batteri, virus, funghi e parassiti.