Polemiche, scambi di accuse e umori alterni: è quanto si riscontra nelle reazioni di governo e partiti d'opposizione all'approvazione in Senato del disegno di legge sull'autonomia differenziata. Da un lato, la maggioranza gongolante per un primo, importante tassello aggiunto nella difficile strada delle riforme; dall'altro, esponenti della minoranza che denunciano i rischi per il Paese della riforma voluta dal leghista Calderoli.
Le relazioni già tese tra governo e opposizioni si inaspriscono ulteriormente - e inevitabilmente, verrebbe da dire - dopo l'approvazione del ddl sull'autonomia differenziata, avvenuta ieri in Senato.
Le posizioni dell'esecutivo e della minoranza sono totalmente agli antipodi sulla riforma. Tassello fondamentale per quel decentramento tanto voluto dalla Lega di Matteo Salvini, la norma viene accusata di 'spaccare in due' l'Italia dai partiti di minoranza.
Esulta Tommaso Foti, deputato di Fratelli d'Italia, ai microfoni dell'inviato di TAG24 Lorenzo Brancati, che lega il disegno di legge alla riforma del premierato, anch'essa cavallo di battaglia dell'esecutivo.
Foti respinge con ironia le proteste dell'opposizione al ddl Calderoli, spiegando che l'autonomia consentirà alle regioni che lo vorranno di dare attuazione a una norma inserita in Costituzione, con tre voti di scarto, dalla sinistra stessa.
Segue la linea del collega di maggioranza anche Giorgio Mulè di Forza Italia, che rimarca come l'autonomia fosse già in Costituzione e ribadisce come fosse "fortemente voluta anche dalla sinistra".
Il vicepresidente della Camera dei Deputati si sofferma sull'importanza dei Lep (i Livelli essenziali delle prestazioni), quei servizi che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, come previsto dall'articolo 117 della Costituzione.
Mulè assicura l'impegno del governo per stabilirli in tempi celeri e, a chi parla di un Sud svantaggiato dalla riforma, replica con un atto di fiducia nei confronti del Meridione.
Proprio per quanto riguarda il Sud, arrivano le parole di Antonio Tajani, per il quale è stata la posizione equilibrata di Forza Italia a garantire che la riforma non fosse "nordista" e tenesse da conto le istanze del Meridione.
Particolarmente entusiasta la Lega di Matteo Salvini, da sempre sostenitrice del progetto, portato avanti in questa legislatura dal suo ministro per gli affari regionali e le autonomie Roberto Calderoli.
Vannia Gava, viceministro all’Ambiente e Sicurezza Energetica, ribadisce l'importanza del provvedimento per il suo partito e per i rappresentanti locali.
Dall'altra parte della barricata, ovviamente, si alza il coro unanime dell'opposizione contro il ddl autonomia.
La norma viene contestata sia per le disuguaglianze che porterebbe tra regione e regione, sia per il metodo utilizzato dalla maggioranza per approvarla - con lo 'scambio di favori' tra Lega e Fratelli d'Italia per le loro rispettive riforme: autonomia, appunto, da un lato e premierato dall'altro - sia, infine, per il caos che il combinato disposto delle due comporterebbe a livello istituzionale.
Su questo tasto spinge, in particolare, Roberto Fico del Movimento 5 Stelle.
Inoltre, Fico ribadisce i dubbi di molti sulle disuguaglianze che questo "regionalismo differenziato" - come lo definisce - comporterebbe, con regioni che potranno legiferare su alcune materie, e altre che potranno farlo su altre.
Sono le distanze e le differenze che la norma rischia di produrre tra i vari enti locali a preoccupare, invece, il leader dei Cinquestelle, Giuseppe Conte.
Intervenuto a un convegno organizzato dal sindacato Flp-Cse a Roma sull'importanza delle funzioni locali, Conte definisce "insidioso e pericoloso" il "disegno complessivo" del provvedimento che, a suo dire, "indebolirà la coesione sociale".
Per Stefano Bonaccini, presidente dell'Emilia Romagna, il provvedimento sull'autonomia differenziata è "un bluff" basato sullo scambio con Fratelli d'Italia per il premierato, necessario per risollevare le sorti elettorali del partito di Matteo Salvini
Bonaccini replica, infine, a chi dai banchi del governo lo considera parte di quella 'sinistra ipocrita' che anni fa era favorevole all'autonomia e ora la contesta solo perché a farla è un governo di centrodestra. Il presidente dell'Emilia Romagna spiega di aver firmato "una pre-intesa" nel 2018, insieme a Roberto Maroni e Luca Zaia - allora, rispettivamente, presidenti di Lombardia e Veneto - con il presidente del Consiglio dell'epoca Paolo Gentiloni. Quel testo, spiega Bonaccini, non prevedeva "un euro in più rispetto a quelli che già arrivavano".
Usa parole durissime contro la legge Michele Emiliano, presidente della regione Puglia, denunciando che si tratta di "un errore costituzionale e politico molto grave".
Secondo Emiliano, l'autonomia così concepita - con i nuovi poteri di cui saranno dotate le regioni - finirà col ricondurre l'Italia all'epoca precedente l'unità della nazione. Questo perché ogni regione avrà le proprie leggi su materie come la scuola, la sanità, i trasporti, che prima erano di competenza esclusiva dello Stato.
Senza contare, la disparità delle condizioni di partenza tra le regioni, su cui è necessario intervenire. Ed Emiliano cita l'esempio della sanità.
Il governatore pugliese, quindi, si appella ai cittadini.
Usa, come suo solito, una formula 'a effetto' il presidente della Campania Vincenzo De Luca, parlando di 'Controrisorgimento' introdotto con la legge sull'autonomia voluta dal governo.
"Siamo di fronte a un vero e proprio 'Controrisorgimento', che nega l’unità d’Italia e tradisce il Sud. Chi parla di 'Nazione' sta tradendo l’Italia e calpestando il Sud"
Il governatore annuncia, poi, che la conferenza stampa indetta per domani - 25 gennaio - alle ore 11 nella sala De Sanctis di Palazzo Santa Lucia, servirà per lanciare "la mobilitazione a difesa del Sud e dell’unità nazionale".