"CPFR", l'acronimo che un tempo appariva sui buoni postali fisici fino alla fine degli anni '90, rappresenta in realtà una clausola contrattuale che conferisce a ciascun co-titolare il diritto di richiedere il rimborso del titolo o, più precisamente, il diritto di rivenderlo all'emittente, il quale, a sua volta, è obbligato a riacquistarlo.
Per i buoni postali ancora attivi e non prescritti al 30 luglio 1999 (data di abrogazione della normativa qui discussa), sorge la questione di capire se, in caso di decesso di uno dei co-titolari, tale diritto rimanga invariato per gli altri o se l'esercizio da parte dei sopravvissuti sia condizionato al consenso preventivo degli eventuali coeredi del defunto.
Attualmente, la giurisprudenza e la dottrina propongono due risposte divergenti a questa problematica.
Un aspetto poco esplorato dalla giurisprudenza fino ad oggi, ma evidenziato dall'ABF e ritenuto determinante, è che la legittimazione alla richiesta di rimborso, appartenente a tutti i co-titolari del buono, si estingue con la morte del soggetto che la detiene e, a differenza dei diritti di credito, non può essere trasferita per successione ereditaria.
Poiché i buoni postali rappresentano titoli di legittimazione e non di credito, la morte di uno dei co-titolari consolida la legittimazione al rimborso per gli altri, senza coinvolgere gli eventuali eredi del defunto.
In caso di rifiuto del rimborso dei buoni postali cointestati a un soggetto defunto, il titolare superstite può trovare protezione rivolgendosi all'ABF.
Va notato, tuttavia, che diversamente da una sentenza emessa dalla giurisdizione ordinaria, la decisione dell'ABF non può essere oggetto di esecuzione forzata. Al contrario, la parte in disaccordo, che sia intermediario o risparmiatore, ha il diritto di non conformarsi alla decisione e può decidere di non effettuare il pagamento se è un intermediario, o di portare la questione davanti al tribunale ordinario se è un risparmiatore che vede respinto un ricorso.
Nonostante il diritto di entrambe le parti di appellarsi al giudice, l'effetto di alleggerimento del sistema giudiziario perseguito con la creazione dell'ABF si basa sulla natura tecnica e altamente qualificata delle sue decisioni, che non sempre è garantita nelle sentenze ordinarie date la formazione non specifica dei giudici spesso incaricati di casi di questo tipo.
Questo costituisce una forma di persuasione morale, mirata a spingere l'intermediario sconfitto ad adempiere e il risparmiatore perdente a rinunciare a procedere in sede giudiziaria, limitando così le conseguenze della controversia al campo della procedura presso l'ABF.
Va notato, tuttavia, che c'è stata una recente inversione di tendenza da parte degli intermediari sconfitti che, anche in materia di rimborso di buoni postali, non solo dichiarano di non voler conformarsi alla decisione, ma giustificano tale inadempienza sottolineando il contrasto tra quanto deciso dall'ABF e quanto stabilito dalla giurisprudenza in casi analoghi.
Questa pratica, pur riconoscendo la preminenza della decisione giudiziaria, ha l'effetto immediato di delegittimare il ruolo dell'ABF come organo altamente specializzato, e di gravare il risparmiatore vincente con gli oneri della controversia legale.
È evidente che i rischi e i costi associati all'avvio di un'azione legale costituiscono un deterrente efficace per il risparmiatore, su cui l'intermediario inadempiente non può non fare affidamento.
È pertanto fondamentale confidare in una reazione immediata e coordinata da parte di Banca d'Italia, MEF, Ministero della Giustizia e Parlamento, affinché, ciascuno secondo le proprie competenze, intervengano per contrastare questo "ritorno al Medioevo".