Nel panorama previdenziale italiano, l'opportunità di dedurre i contributi versati a un fondo pensione complementare rappresenta un incentivo significativo per i lavoratori. Questa opzione, definita dal decreto legislativo n. 252 del 5 dicembre 2005, offre una via per ottimizzare la gestione delle proprie risorse finanziarie e pianificare con maggiore efficacia il proprio futuro pensionistico. In questo contesto, emergono domande specifiche riguardo alla deduzione dei contributi versati a un fondo di previdenza complementare, soprattutto per coloro che hanno iniziato la loro attività lavorativa successivamente al 1° gennaio 2007.
Il decreto legislativo n. 252 del 2005 stabilisce un quadro normativo per i lavoratori che accedono per la prima volta al mondo del lavoro dopo il 1° gennaio 2007, riguardo alla deduzione dei contributi versati nelle forme di previdenza complementare. La normativa prevede un limite massimo annuale di deducibilità pari a 5.164,57 €.
Per coloro che, nei primi cinque anni di partecipazione a una forma di previdenza complementare, non raggiungono questa soglia di deducibilità, si apre la possibilità di accumulare il "plafond" residuo e utilizzarlo a partire dal sesto anno di partecipazione, fino a un massimo di venti anni successivi e fino a un massimo di 2.582,29 € annui.
Analizziamo il caso di un lavoratore che ha aderito a un fondo pensione negoziale nel 2019, contribuendo con la propria quota del TFR (Trattamento di Fine Rapporto), i contributi a proprio carico e quelli del datore di lavoro, oltre a contributi aggiuntivi individuali. Tale lavoratore, avendo iniziato l'attività lavorativa nel 2014, rientra nella categoria di coloro che possono beneficiare delle deduzioni previste per i lavoratori di prima occupazione post-2007.
Nel 2022, lo stesso lavoratore ha versato contributi per l'adesione dei propri figli a una forma di previdenza complementare, deducendo integralmente tali versamenti dal proprio reddito complessivo. Tuttavia, l'ammontare totale dei contributi versati, sia per la propria previdenza che per quella dei figli a carico, non ha superato la soglia di deducibilità ordinaria di 5.164,57 €.
Il quesito sollevato riguarda la determinazione del "plafond" di deducibilità: se debba includere esclusivamente i contributi versati per la propria previdenza complementare o anche quelli destinati alla previdenza dei figli fiscalmente a carico. La soluzione interpretativa proposta dal contribuente suggerisce che, ai fini del calcolo del plafond, non dovrebbero rilevare i contributi versati per i figli iscritti a forme di previdenza complementare, ma solo quelli relativi alla propria posizione contributiva.
La gestione accurata del plafond di deducibilità offre ai lavoratori la possibilità di massimizzare il vantaggio fiscale derivante dalla partecipazione a forme di previdenza complementare.
Secondo l'articolo 10 del TUIR, i contributi versati alle forme pensionistiche complementari sono deducibili dal reddito complessivo del lavoratore fino a un certo limite. Questa deducibilità si applica anche ai contributi versati ai sottoconti italiani e esteri di prodotti pensionistici individuali paneuropei (PEPP), seguendo le condizioni e i limiti imposti sia dalla normativa italiana che dalle disposizioni del regolamento (UE) 2019/1238.
Il decreto legislativo n. 252 del 2005 stabilisce le modalità di finanziamento di queste forme pensionistiche, inclusi i versamenti a carico del lavoratore, del datore di lavoro o del committente, nonché il conferimento del TFR (Trattamento di Fine Rapporto). Per i lavoratori autonomi e i liberi professionisti, il finanziamento è a proprio carico. I contributi possono essere dedotti fino a un importo massimo annuale di 5.164,57 €.
La legge prevede inoltre che, in caso di adesione a forme pensionistiche complementari da parte di soggetti fiscalmente a carico, i contributi versati da familiari possano essere dedotti dal reddito complessivo del contribuente, entro lo stesso limite di 5.164,57 €.
Per i lavoratori che hanno iniziato la loro attività dopo l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 252/2005 e che partecipano a forme pensionistiche complementari, è prevista la possibilità di dedurre dal reddito complessivo, nei venti anni successivi ai primi cinque anni di partecipazione, i contributi versati che superano il limite annuale di 5.164,57 €. Questo meccanismo consente di accumulare un "plafond" di deducibilità utilizzabile in futuro, fino a un massimo di 2.582,29 annui €.
La questione sollevata riguarda la determinazione dell'ulteriore plafond di deducibilità, in particolare se debbano essere considerati soltanto i contributi versati per la propria previdenza o anche quelli versati per i familiari a carico. La normativa prevede che anche i contributi versati per i familiari a carico, dedotti dal reddito complessivo, concorrano alla formazione di questo plafond aggiuntivo.
In un caso ipotetico, un lavoratore che ha aderito a una forma di previdenza complementare nel 2019 dovrà considerare, ai fini della determinazione dell'ulteriore plafond di deducibilità, sia i contributi versati per la propria partecipazione alla forma pensionistica complementare, sia quelli versati per l'adesione dei figli a carico, deducibili dal proprio reddito complessivo.
Per sfruttare appieno le opportunità offerte dalla normativa, i lavoratori dovrebbero: