L'Istat ha recentemente pubblicato dati dettagliati riguardanti le retribuzioni medie nei vari settori lavorativi in Italia. Questi dati offrono un quadro chiaro delle opportunità di guadagno e dei settori che si posizionano al di sotto della media nazionale. Andiamo quindi a scoprire quali sono i lavori meno pagati in Italia e, di contro, quelli meglio retribuiti.
Nel primo trimestre del 2024, le retribuzioni a livello nazionale hanno registrato una crescita media del 2,2%. Tuttavia, questo aumento risulta insufficiente a compensare l'inflazione, che a maggio ha raggiunto circa il 2%. Di conseguenza, il potere d'acquisto degli italiani continua a diminuire, in linea con la tendenza degli ultimi dieci anni, durante i quali si è registrato un calo del 4,5%.
Analizzando i dati Istat, emergono chiaramente i settori con le retribuzioni lorde mensili più elevate. Nel 2024, i settori più remunerativi sono:
Il settore finanziario ha visto un incremento significativo del 6,2% rispetto all'anno precedente, rappresentando il settore più redditizio. Anche l'istruzione ha beneficiato di un aumento del 5% grazie a nuovi contratti e arretrati. Il settore manifatturiero ha registrato un aumento del 5,2%, mentre le retribuzioni nel settore delle costruzioni sono cresciute del 4%.
All'altro estremo, troviamo i settori con le retribuzioni lorde mensili più basse. Nel 2024, questi settori sono stati:
Il settore del commercio ha subito la diminuzione maggiore, con un calo del 3,1% rispetto all'anno precedente, in parte a causa delle trattative in corso per il rinnovo del contratto dei dipendenti del settore. Anche le attività immobiliari hanno visto una riduzione del 2,3%, posizionandosi al sesto posto nella classifica dei lavori meno pagati. Gli stipendi nel settore artistico e sportivo sono diminuiti dell'1,4%.
Il fenomeno dei lavoratori poveri, ovvero coloro che pur avendo un impiego regolare non riescono a coprire le spese essenziali per vivere, è sempre più diffuso. Molti di questi lavoratori percepiscono salari orari inferiori ai 9 euro, cifra considerata come soglia per un salario minimo dignitoso in molti paesi europei.
In Italia, diverse categorie di lavoratori ricevono paghe orarie molto basse. Ad esempio, i braccianti agricoli guadagnano meno di 6 euro l'ora, mentre le badanti e gli addetti alle pulizie percepiscono rispettivamente 6,40 euro e 7,60 euro l'ora. Anche i lavoratori dei centri benessere, come parrucchieri ed estetisti, hanno stipendi bassi, intorno ai 7,70 euro l'ora.
Nonostante un'istruzione superiore, molti laureati italiani trovano difficile ottenere retribuzioni adeguate. Molti sono costretti ad accettare lavori con stipendi molto bassi, a partire da 450-600 euro al mese, con disponibilità full time, ma con poche prospettive di crescita. Proprio molte offerte di lavoro per neolaureati prevedono stipendi bassi, intorno ai 450-600 euro al mese, con contratti full time. Questo fenomeno è spesso discusso sui social media, con molti utenti che criticano la situazione lavorativa attuale e le opportunità limitate per i giovani laureati.
Secondo un sondaggio condotto da Monster.com, il 96% dei lavoratori intervistati è alla ricerca di un nuovo impiego, con il 40% che cerca un reddito più alto. Nel 2022, ci sono stati 2,2 milioni di licenziamenti volontari, con un aumento del 13,8% rispetto all'anno precedente. Anche nella pubblica amministrazione, concorsi pubblici sono spesso ignorati dai candidati più qualificati a causa di stipendi poco allettanti.
Le retribuzioni dei professionisti variano notevolmente. Ad esempio, un notaio guadagna in media 265.000 euro l'anno, un analista finanziario 110.000 euro, un ingegnere aeronautico 98.000 euro, e un medico 75.000 euro. Al contrario, un commercialista guadagna circa 36.000 euro, e un avvocato poco meno.
La media di crescita del 2,2% degli stipendi non riesce a compensare adeguatamente l'aumento dei prezzi, confermando la stagnazione del potere d'acquisto degli italiani. Rispetto al resto dell'Unione Europea, l'Italia mostra un incremento della povertà e un calo del potere d'acquisto del 4,5% negli ultimi dieci anni, secondo i dati Istat.