Sono chiamati i nuovi poveri e l'affermazione descrive appieno la situazione in cui si trovano tanti padri separati. Lasciano la casa coniugale e tra mantenimento ai figli, a volte anche alle ex mogli, il mutuo da pagare, le spese extra per le emergenze, l'affitto per la nuova abitazione e il proprio sostentamento restano letteralmente senza soldi. Se le loro spalle non sono "protette" dalla famiglia d'origine - genitori che offrono vitto e alloggio - si ritrovano a vivere in macchina, nei casi peggiori per strada, e a chiedere un pasto alle parrocchie e alle associazioni del Terzo Settore. Secondo la Caritas i nuovi poveri in un caso su due, circa il 45%, sono rappresentati da uomini separati o divorziati. Le condizioni di miseria portano i papà separati alla disperazione, alcuni stretti dagli stenti e dall'angoscia si suicidano. E se ai problemi economici si aggiungono lo sconforto, il sentimento di vergogna per l'indigenza che si fa prepotente, i conflitti con l'ex moglie, il diritto negato di vedere i figli la situazione si fa sicuramente grave e sfugge di mano. Dei papà separati si parla sempre poco, nonostante negli ultimi anni l'attenzione alle loro necessità sia aumentata. Eppure la realtà che affrontano è difficile e meritano di far sentire, sempre più forte, la loro voce. Ha fatto rumore la storia di Roman Zancarli che vive a Vicenza in una Ford Focus per necessità. E' un papà separato di 26 anni che racconta la sua quotidianità sui social. Perché l'intervista rilasciata ai giornali ha avuto un'eco pazzesca?
Purtroppo quello del giovane Roman non è un caso isolato. Non è una novità finire in strada. "Niente di nuovo sotto il sole perché è una sorte che capita a tanti - spiega Stefano Cera, avvocato specializzato in diritto di famiglia e delle persone e consigliere nazionale dell'Associazione Padri Separati - i papà separati sono i nuovi poveri, i nuovi poveri che lavorano e che spesso guadagnano anche bene. Diventano indigenti persone che hanno un buono stipendio ma sono sopraffatte dalle spese".
Dietro ai numeri di divorzi e separazioni ci sono storie di sofferenza, le lacrime di mamme e soprattutto papà. E non è solo una questione economica, è straziante allontanarsi dai figli, non vivere più con loro tutti i giorni e mettere in discussione abitudini e legami creati nel tempo. "Nel 90% dei casi i padri lasciano l'abitazione coniugale. I Tribunali tendono ad affidare la quotidianità dei bambini piccoli alle madri e solitamente è l'uomo che esce di casa con tutte le conseguenze che innesca questa tendenza. Il papà si ritrova a pagare il muto della casa coniugale e l'affitto per quella in cui si trasferisce - afferma Cera - Se io ho un mutuo in comproprietà con mia moglie e mi separo continuo a pagarlo io se cointestato. E' lì il cortocircuito. Tu sei in casa e io pago il mutuo. Pensate quando è intestato solo al papà: si ritrova a pagare tutto il mutuo più l'affitto per la casa. Che stipendio devo avere? A questo aggiungeteci giustamente il mantenimento dei figli e per quelli più sfortunati anche quello della moglie. In studio ci stiamo occupando del caso di un modenese che percepisce un ottimo stipendio, ha moglie e figlia, che è una studentessa, a carico. Si sta separando e pagherà l'affitto della dimora in cui si trasferirà, il mutuo della casa di famiglia perché lavora solo lui, manterrà la moglie e la figlia. Nonostante abbia un signor stipendio non finirà in mezzo alla strada ma vivrà da povero".
Quale potrebbe essere le soluzioni da adottare per tutelare anche i papà in fase di separazione e evitare che cadano nel baratro della povertà? Stefano Cera va dritto al punto: "La prima cosa da fare è cambiare la legislazione sulla casa, quando la famiglia non se lo può permettere deve poter mettere in vendita l'immobile. In questo caso entrambi ne beneficiano perché non viene assegnato ma venduto, si divide per le quote di proprietà e entrambi i coniugi fanno i sacrifici per comprare un'altra casa o affittarla. E' l'unica soluzione ed è solo legislativa. E' necessario intervenire sulla casa, soprattutto quando è la cassaforte della famiglia".
La famiglia d'origine e la casa dei genitori tornano ad essere il rifugio sicuro nel quale cercare conforto. Con tutte le difficoltà che comporta la decisione perché vivere a casa di mamma e papà da adulti non è facile. Non tutti, però, hanno questa fortuna, i più sventurati si ritrovano da soli ad affrontare preoccupazioni, sofferenze e problemi economici.
Uno studio intitolato Joint physical custody of children in Europe, realizzato dell’Università di Turku in Finlandia e del Wisconsin-Madison negli Usa, pubblicato su Demographic Research, rivela che su oltre 9mila bambini europei, in Italia solo il 2,6% delle coppie vive un affido congiunto equo.
Significa che il rapporto con i figli, soprattutto minorenni, è sbilanciato da una parte o dall'altra. Significa che uno dei due genitori, per diversi motivi, non partecipa alla vita dei bambini/ragazzi in egual misura rispetto all'altro.
L'affidamento condiviso è disciplinato dalle legge 8 febbraio 2006 n. 54. Il sito del Ministero della Giustizia riporta che l'affidamento dei figli minori ad entrambi i genitori ed il diritto del minore, anche in caso di separazione personale dei genitori, di:
Il provvedimento del giudice, con esclusivo riferimento all’interesse morale o materiale del minore determina:
Il minore è affidato ad un solo genitore (affidamento esclusivo) soltanto nel caso in cui l’affidamento condiviso è contrario all’interesse del minore.
"Spesso l'affidamento condiviso rimane sulla carta - spiega l'avvocato dell'Associazione padri separati - fortunatamente ci sono tante donne che riconoscono l'importanza della figura paterna nella crescita dei figli ma ci sono anche quelle che utilizzano i figli per battere cassa con gli ex e si mettono nella condizione di essere dipendenti economicamente. Qui entra in gioco la questione culturale, oltre che giuridica. Se ci fosse il dovere, oltre che il diritto, dei padri di stare di più con i figli libererebbero tempo alle mamme, mamme che avrebbero tempo per lavorare e per i propri hobby. E' dunque anche un dovere dei papà di occuparsi dei figli e non solo un diritto. Insisto sempre su questo punto: il papà non serve solo per portare il figlio a giocare a pallone. E' normale che sia più divertente. Il papà deve esserci anche quando il bambino si ammala, per accompagnarlo dal pediatra e se serve deve prendersi un permesso dal lavoro".
Viene spontaneo il paragone con le altri nazioni europee. L'avvocato Cera prende come esempio positivo le leggi degli stati del nord Europa, in particolari dei paesi scandinavi che definisce equilibrati in materia di famiglia e politiche del lavoro.
"Nei paesi nord europei il padre ha il dovere di prendersi il congedo parentale, non cedibile, di durata identica a quello della madre. Nel nord Europa i lavoratori costano allo stesso modo per l'azienda perché hanno pari diritti. In Italia non è così, sono queste le storture che dobbiamo migliorare, I lavoratori devono essere uguali e non più o meno convenienti in base al sesso, E i genitori devono avere gli stessi doveri".
E' vero, c'è ancora tanto da fare in Italia ma la strada intrapresa è quella giusta. I papà di oggi sono consapevoli dell'importanza della loro figura e vivono la paternità mettendosi in gioco e con l'intenzione di essere un punto di riferimento per i propri figli. "Sì i cambiamenti ci sono stati soprattutto se ripenso a vent'anni fa, quando è cominciato il mio impegno con l'"Associazione padri separati" - racconta Cera - E' cambiato il diritto di famiglia e sono cambiati anche i papà. I padri vogliono essere presenti nella vita dei figli, sono consapevoli dei loro diritti e dei loro doveri, sono cambiate le donne che sono più disponibili ad affidare con serenità i figli agli ex. Sono cambiati i giudici, non hanno più quella chiusura mentale che penalizzava i padri relegandoli a genitore del fine settimana. Sono in parte cambiate le norme quando hanno introdotto i congedi parentali per gli uomini anche se non obbligatori. Siamo andando verso la direzione giusta ma la strada è ancora lunga".