Un dato pressoché allarmante è arrivato dall’ISTAT: nel 2051 si potrà andare in pensione a 70 anni. A dispetto delle speranze e delle aspettative di chi sperava che l’età di pensionamento si abbassasse ai sognati 60 anni, la realtà è ben più dura del previsto.
L’età per la pensione di vecchiaia è destinata ad aumentare. Il sistema previdenziale sta affrontando sfide molto complesse, in gran parte dovute ai cambiamenti demografici. Il divario generazionale continuerà ad ampliarsi, esercitando sempre più pressione sul sistema pensionistico. Ed ecco il perché in futuro si andrà in pensione due anni più tardi rispetto a oggi.
Forniamo maggiori spiegazioni e analizziamo i dati per comprendere più a fondo il meccanismo delle pensioni.
La speranza è sempre l’ultima a morire, nonostante la situazione poco promettente, si pensa ancora che un giorno si potrà ritornare ad andare in pensione a un’età non troppo avanzata. L’ideale, per la maggior parte dei lavoratori, è sempre 60 anni.
La realtà è molto più dura del previsto, tant’è che nel 2051, l’età pensionabile toccherà i 69 anni e i 6 mesi d’età. Altro che 67 anni, si potrà andare in pensione quasi a 70 anni.
Con le leggi attualmente in vigore, l’età è destinata a salire man mano che si allunga la speranza di vita fino a sfiorare i 70 anni. La stima dell’ISTAT è allarmante. Già nel 2027, l’età sarà di 67 anni e tre mesi.
Il sistema previdenziale italiano è destinato ad affrontare sfide sempre più difficili e il percorso che lo attende nei prossimi anni è forse tra i meno rosei in assoluto, soprattutto da un punto di vista economico.
Tra le sfide principali, come detto, quello pensionistico è tra i più ardui, considerando che l’età per lasciare il lavoro si alzerà, inevitabilmente, lasciando ormai spazio a nessuna speranza di un cambio di rotta.
Se ci pensiamo bene, anche per questo motivo si stanno pensando a premi e incentivi per far restare più a lungo a lavoro.
Bisogna comprendere le ragioni di questo repentino e inevitabile aumento dell’età per andare in pensione. L’aggiornamento prende atto da un inasprimento dell’invecchiamento della popolazione.
Nel determinare l’aumento o meno dell’età pensionabile si deve considerare l’aumento della speranza di vita all’età di 65 anni. Il parametro è stato preso in considerazione dalla legge per gli adeguamenti biennali.
Nel 2031, le persone con 65 anni d’età e anche oltre potrebbero rappresentare il 27,7% del totale secondo lo scenario mediano. In virtù di questo dato, l’impatto sulle politiche di protezione sociale sarà più importante del previsto, considerando il fatto di dover fronteggiare i fabbisogni di una parte della popolazione sempre più numerosa e longeva.
Queste stime si basano su un calcolo mediano dell’ISTAT, dove rimane molto importante il flusso di migranti, stimato in 230.000 persone fino al 2030 e in 170.000 fino al 2050.
Da considerare anche il rovescio della medaglia: secondo lo scenario negativo, la popolazione italiana potrebbe scendere anche più già dei 54 milioni stimati. In questo caso, la differenza tra popolazione in età da lavoro e popolazione in pensione sarebbe abissale.
Un altro fattore da considerare è lo squilibrio generazionale tra la popolazione anziana e quella in età da lavoro, come abbiamo anticipato.
Le prospettive future parlano di un chiaro squilibrio tra la nuova e la vecchia generazione, che sarà sempre più marcato. La sproporzione potrebbe essere anche di due terzi della popolazione in pensione contro un terzo in età da lavoro.
Il futuro non è roseo neppure per le famiglie, in quanto sono previsti nuclei sempre più piccoli e frammentati. Il numero medio a famiglia scenderà dalle attuali 2,25 persone per famiglia a 2,18 nel 2031.
D’altra parte, il numero dei nuclei familiari è in aumento, passando da 26,1 milioni nel 2024 a 26,6 milioni nel 2031.