L’appostamento al freddo. Dieci ore all’addiaccio, in attesa dell’arrivo dei manifestanti, gli scontri e l’inizio della “guerra”. Inizia così la serie evento di Netflix, A.C.A.B, tratta dal romanzo di Carlo Bonini, che tra cronaca e fiction riaccende i riflettori su una vicenda che da oltre vent’anni rappresenta una ferita nell’unità nazionale: la costruzione del tunnel per l’alta velocità Torino-Lione, la famigerata Tav.
Oltre venti anni di guerriglia, di scontri tra manifestanti no-Tav e forze dell'ordine. Di espropri forzati, cantieri presidiati militarmente, di proteste, sgomberi e manganellate. Ma anche di bombe carta e attentati ai cantieri, violenze e disordini. Da una parte l’intransigenza dello Stato e dall’altra l’irriducibilità del fronte del ‘No’ per una protesta che si tramanda di padre in figlio. E poi ci sono stati i feriti, da entrambe le parti, gli arresti e i processi.
È tutto questo e anche di più la storia dell’infrastruttura pubblica più controversa e divisiva d’Italia. Nei giorni scorsi Il Governo, costituitosi parte civile nel processo contro alcuni esponenti del centro sociale Askatasuna di Torino per i disordini legati alle manifestazioni no-Tav, ha chiesto un risarcimento danni di 6,8 milioni di euro.
Sono trascorsi ventiquattro anni dalla posa della 'prima pietra' sul versante francese del cantiere. Era il 2001 E l’evento segnò simbolicamente l’inizio di un lungo braccio di ferro tra Stato e fronte del no che ancora va avanti. Al momento la situazione è di relativa calma, ma la sensazione è che si tratti di una calma apparente.
Vanno avanti anche gli scavi e i lavori per la realizzazione dell’infrastruttura che sono affidati alla TELT (Tunnel Euralpin Lyon Turin) che ha annunciato nel 2026 l’inizio degli scavi per il tunnel di Chiomonte, il cosiddetto tunnel di base destinato al transito dei treni tra Torino Lione.
Nel bilancio aggiornato al 30 dicembre 2024, la società comunica che è stato scavato un quarto del totale delle gallerie previste per l’opera, di cui 15 chilometri afferiscono al tunnel di base (tutti in territorio francese) in attesa dell'arrivo della perforatrice per scavare il tratto italiano.
Sempre in territorio italiano, è stato completato il piazzale e le due rampe di accesso dall’autostrada A32 Torino-Bardonecchia per la realizzazione dell’autoporto, destinato al transito dei mezzi pesanti da e verso il confine francese. Inoltre, sono state avviate le attività di acquisizione fondiaria nell'area che ospiterà la futura stazione internazionale e l’interconnessione con la linea storica.
Il progetto attuale (modificato più volte negli anni anche a causa delle proteste No-tav) prevede in totale un percorso di 65 chilometri, 57 dei quali di sola galleria tra Susa e Saint-Jean-de Maurienne. In Italia saranno scavati in totale 12,5 chilometri di tunnel. I numeri del progetto vanno però moltiplicati per due poiché bisognerà costruire due linee gemelle per entrambi i sensi di marcia. Il progetto, infine, prevede anche la costruzione di 50km di gallerie di servizio.
Gli scavi veri e propri all’interno della montagna riprenderanno quindi solo il prossimo anno. Ragion per cui, nei prossimi mesi, la tensione in Val di Susa potrebbe nuovamente salire, dopo mesi di relativa calma, durante i quali i cantieri sono stati costantemente presidiati dalle forze dell'ordine e dall'esercito. Non si sono registrati atti di sabotaggio di rilievo.
Nelle ultime settimane la battaglia No-Tav è concentrata principalmente sull’opposizione agli espropri dei terreni del lotto San Giuliano a Susa dove dovrebbe sorgere la stazione di interconnessione. Gli attivisti hanno acquistato i terreni e si rifiutano di cederli. L’area di circa duemila metri quadri è oggetto di un presidio permanente del movimento “No-Tav” e rappresenta a oggi il fronte più delicato dal punto di vista dell’ordine pubblico insieme all’area di Chiomonte, dove proseguono i lavori preparatori ‘blindati’ per l’avvio dello scavo nella montagna.
Ma perché gli aderenti al movimento No Tav si oppongono alla costruzione del tunnel per l’alta velocità?
Le ragioni del 'no' si concentrano principalmente sull’impatto ambientale dell’opera, che si teme possa causare danni irreversibili all’ambiente, in particolare in Val di Susa. Qui sono presenti sostanze pericolose come amianto, uranio e radon, con ripercussioni anche sulla salute degli abitanti della valle.
Ci sono poi i dubbi sull’utilità dell’opera che secondo il fronte del no giustificherebbe l’investimento economico. L’alternativa sarebbe un potenziamento delle infrastrutture ferroviarie esistenti.
Di contro le ragioni a favore del progetto si concentrano principalmente sul valore strategico dell’opera considerata essenziale per rinforzare a posizione dell’Italia nel mercato europeo tramite la riduzione dei costi di trasporto delle merci che attualmente viaggiano prevalentemente su ruota.
Ci sono poi le ragioni ambientali con la presunta riduzione delle emissioni di CO2 e la riduzione del traffico stradale.