Una mossa inaspettata e di particolare effetto, come quasi tutte quelle messe in atto dal giorno del suo insediamento. Donald Trump ha ordinato di declassificare i file ancora secretati dal governo degli Stati Uniti relativi all'omicidio di John Fitzgerald Kennedy.
Un gesto salutato con estremo favore da Oliver Stone, il quale da anni fa pressione affinché il caso venga riesaminato, sia con il suo lavoro sia con le sue dichiarazioni pubbliche.
Ma dietro questo passo che sembra andare nella direzione di una maggiore trasparenza delle istituzioni potrebbe esserci altro. Ad esempio, il desiderio del presidente statunitense di ingraziarsi quella parte del suo elettorato affezionato a teorie del complotto e cospirazioni di cui fu vittima lo stesso Stone quando il suo film arrivò nelle sale.
Indubbiamente, Donald Trump intende lasciare un segno tangibile di discontinuità all'inizio del suo secondo mandato da presidente. Gli ordini esecutivi firmati appena messo piede alla Casa Bianca stanno lì a dimostrarlo.
Fa parte di questa strategia di efficienza, rigore e determinazione anche l'ordine di desecretare gli atti ancora classificati come Top Secret relativi agli omicidi del presidente John F. Kennedy, avvenuto a Dallas il 22 novembre del 1963, di suo fratello Robert e di Martin Luther King, uccisi rispettivamente a Los Angeles il 6 giugno 1968 e a Memphis il 4 aprile dello stesso anno.
Già nel corso della sua prima presidenza, Trump aveva avviato il rilascio di questi documenti sulla base del cosiddetto "JFK Act", che impone di togliere il segreto di Stato da questi file.
Una legge, il JFK Act, approvata nel 1992 a seguito dell'enorme risonanza del film "JFK - Un caso ancora aperto", diretto l'anno prima da Oliver Stone. E proprio il regista di quell'opera plaude oggi alla decisione del neopresidente americano.
In una lettera inviata all'Hollywood reporter il 24 gennaio 2025, Stone sostiene che Trump "merita un elogio" per la sua decisione.
Oliver Stone says President Donald Trump “deserves praise” for his decision to release the last of the remaining top secret government files related to the assassination of John F. Kennedy, but also had some caveats. https://t.co/XwVcLjFvi2
— The Hollywood Reporter (@THR) January 25, 2025
Il regista dichiara di non aspettarsi che da tali documenti emerga la "pistola fumante" in grado di svelare chi sia stato a uccidere JFK, ma ritiene che saranno comunque importanti per "creare un mosaico più informato di ciò che è accaduto".
Ma Stone chiede di più all'amministrazione Trump, sostenendo la necessità di istituire una speciale commissione che analizzi quei file.
L'atto di Trump porta nuovamente al centro della cronaca politica statunitense la morte di John Kennedy e le numerose incongruenze e omissioni che la circondano.
Ancora oggi, infatti, la verità ufficiale sull'omicidio, stabilita dalla Commissione Warren istituita dal Congresso statunitense all'indomani dell'attentato di Dallas, vede come unico colpevole Lee Harvey Oswald, a sua volta assassinato pochi giorni dopo il suo arresto.
Una "verità" duramente contestata e al centro di polemiche contro la quale Oliver Stone ha dedicato gran parte della sua vita come attivista e della sua carriera professionale. A partire proprio dal film del 1991, ancora oggi il più popolare sull'assassinio di Kennedy.
Nella pellicola, Stone si concentra sul processo intentato nel 1969 dal procuratore distrettuale di New Orleans Jim Garrison (interpretato nel film da Kevin Costner) contro Clay Shaw (Tommy Lee Jones), accusato di far parte di un complotto per uccidere Kennedy e che finirà assolto.
Nonostante l'assoluzione di Shaw, il regista riconosce a quel processo il merito di aver fatto riflettere l'opinione pubblica sulle gravi incongruenze delle versioni ufficiali e sulla possibilità che, all'origine di tutto, ci fosse una cospirazione in cui erano coinvolti anche apparati dello Stato.
Mentre, però, gli sforzi di Stone erano rivolti alla ricerca della verità, lui e il suo film subirono la rappresaglia dell'establishment che gli attaccò l'etichetta di "teorico della cospirazione", come lui stesso raccontò in un'intervista a Variety del 2016.
Tutto ciò è degenerato negli anni con la proliferazione di teorie del complotto e la crescente sfiducia di parte dei cittadini verso le istituzioni.
Viene dunque il sospetto che la mossa di Trump sia orientata proprio alla ricerca dell'approvazione di quella parte di elettorato che si è allontanato dalla politica, come parte della sua retorica da "uomo del popolo".
La sua capacità di essere tutto e il suo contrario, potrebbero renderlo adatto a una storia per il cinema?
Oliver Stone, intervistato nel 2020 dal francese Brut, disse di essere intrigato dal personaggio al punto che, in un ipotetico film, proprio Trump avrebbe dovuto interpretare se stesso.
Lo stesso anno, al Sunday Times, il regista lo definì "un pazzo" che, però, "parla come molte persone, chiedendo più militari, più potere, più applicazione della forza, più violenza".
Anche per un regista che di biografie di presidenti sul grande schermo se ne intende (oltre a Kennedy, la sua filmografia comprende "Gli intrighi del potere - Nixon" del 1995 e "W." su George W. Bush, del 2008), Trump risulta quindi un uomo difficile da definire o catalogare. Ed è da questa imprevedibilità che dipendono le sorti degli USA e del mondo.