Lei è l’ultima Haffner sopravvissuta. Adesso è la più grande di tutti i parenti mai conosciuti da parte di padre. Il suo nome è quello di un mare: Egea. Ha scritto il libro autobiografico La bambina con la valigia. Il mio viaggio tra i ricordi di esule al tempo delle foibe.
Prende spunto dalla foto che l’ha resa simbolo dell’esodo giuliano-dalmata, quella che la ritrae mentre stringe una valigia e un ombrello poco prima di partire per sempre, come accade a molti altri nella sua stessa condizione, in esilio dall’Istria, sul finire della Seconda Guerra Mondiale.
Il romanzo fa un passo indietro. Comincia nel 1944, quando l’Italia è ancora in guerra e lei è totalmente inconsapevole della situazione. Nata il 3 ottobre 1941, ha solo tre anni.
Poi ci conduce attraverso il dolore della donna anziana che è oggi e lo stupore della bambina innocente di ieri, la stessa che, finita la guerra, a maggio del 1945 capisce che qualcosa non va. Suo padre, Kurt, è stato portato via durante la notte dagli agenti Ozna, che con la scusa di un’inchiesta e un controllo di routine lo strappano per sempre alla famiglia, per poi gettarlo nelle foibe.
Ci accompagna nella disperazione degli occhi di sua madre, Ersilia Camenaro, che chiede di Kurt al comando dei titini. I tentativi di spiegare, di precisare che suo padre no, non è un fascista, né un collaboratore dei nazisti, si scontrano con la mancanza di rispetto e di risposte.
Segue la cruda consapevolezza della fine di Kurt e il ritrovamento della sua sciarpa di seta blu a quadretti, allacciata al collo di uno degli agenti: la stessa che il padre di Egea ha messo al collo prima di scomparire per sempre. Da lì, la verità, la descrizione dell’uccisione di migliaia di italiani e la sua testimonianza di esule.
Continuerà, questo libro del ricordo, con la partenza di Egea verso Cagliari, nel luglio 1946, insieme a sua madre, prima di quella per Bolzano, dove verrà affidata alla zia.
Il racconto ripercorre, attraverso le pagine della vita dell’esule giuliana Egea Haffner, una vicenda che racchiude la storia di migliaia di Italiani.
La bambina con la valigia. Il mio viaggio tra i ricordi di esule al tempo delle foibe conta in cartaceo 205 pagine edite da Piemme e 148 pagine per il suo formato Kindle.
Nonostante i temi e le immagini che narrano la cruda vicenda e il dramma vissuto dalla protagonista, il testo è consigliato dai 10 anni in su e, già dalla copertina, ha tutta l’impressione di essere un libro indirizzato proprio ai bambini.
10 Febbraio 1947 - 2022#Padova: il #Ricordo di una tragedia italiana in un'Europa di muri e filo spinato.
— Luca Colombo, giornalista, RAI TGR Veneto (@colomb_luca) February 10, 2022
Egea #Haffner e Gigliola #Alvisi: "La bambina con la valigia"#Piemme https://t.co/qhcehT4Ofj pic.twitter.com/36jZosCevf
Lo confermano l’impegno della protagonista, Egea, nel diffondere la sua storia nelle scuole e quello della co-autrice, curatrice del romanzo, Gigliola Alvisi, scrittrice impegnata a parlare di letteratura e libri con bambini e ragazzi, vincitrice del premio Il Battello a Vapore del 2015 con Piccolissimo me.
La bambina con la valigia, film diretto da Gianluca Mazzella in onda su Rai 1 alle 21:30 il 10 febbraio 2025, prende ispirazione proprio dal libro.
La differenza sostanziale sta nel medium e nella narrazione dei fatti. Il libro è, per forza di cose, dettagliato e scritto in prima persona, mentre il film mette in mostra i fatti enfatizzando più gli aspetti visivi della vicenda. Si concentra maggiormente sulla relazione familiare dei personaggi e l’esilio.
“La bambina con la valigia”, su Rai 1 la storia della piccola Egea: in una foto il dramma collettivo https://t.co/Owuxdjtep1
— Secolo d'Italia (@SecolodItalia1) February 10, 2025
Come per ogni trasposizione cinematografica, tagli e limiti di tempo hanno la meglio: condensare più di 200 pagine di una storia così delicata in 100 minuti, infatti, non è per niente semplice.
La rappresentazione cinematografica toglie, la rappresentazione cinematografica aggiunge. Lo fa soprattutto attraverso le emozioni, adattandosi alle esigenze del mezzo che ha a disposizione, amplificando il pathos con dettagli mirati.
Nel libro, infatti, l’arresto del padre viene descritto dal punto di vista di mamma Ersilia, l’ultima ad aver visto suo marito Kurt. Egea, in quel momento, non è presente.
Anche la stessa protagonista dell’autobiografia, nel documentario a lei dedicato, Egea, la bambina con la valigia, dal cuore esule, di Mauro Vittorio Quattrina, evidenzia il dettaglio:
Nel film, invece, quando i titini arrivano per cercare Kurt, la piccola Egea, interpretata da Petra Bevilacqua, è proprio lì, stretta alla mamma, pronta a ricevere l’ultimo sorriso rassicurante del padre e una sua carezza sulla spalla.
Questa è una prova del fatto che il film è solo liberamente ispirato al libro e che alcune scene come quella appena descritta sono state inserite forse per smuovere l’animo dello spettatore, concentrato sul momento d’innocenza, d’inconsapevolezza dei bambini, che affrontano periodi tragici e hanno perso la famiglia sotto il peso delle macerie della storia o nelle fosse della morte.