12 Feb, 2025 - 08:40

Le Crociate, “scontro di civiltà”? No, di interessi!

Le Crociate, “scontro di civiltà”? No, di interessi!

Un recente libro dell’arabista Claudio Lo Jacono, Saladino la folgore della Siria, rilegge il fenomeno delle Crociate, ribaltando luoghi comuni ancora diffusi.

La storia delle Crociate rappresenta uno degli esempi più emblematici di narrazione storica soggetta a distorsioni ideologiche, un fenomeno che persiste dall'antichità fino ai giorni nostri. Tale costruzione narrativa è talmente radicata nell'immaginario occidentale da costituire un topos ricorrente. Secondo questa visione, la fine del VII secolo d.C. segnerebbe l'inizio di una profonda contrapposizione con l'Altro, identificato nelle popolazioni di fede islamica stanziate sulle sponde opposte del Mediterraneo. Questo antagonismo viene tradizionalmente ricondotto all'adozione della religione di Muhammad da parte di queste popolazioni, interpretando la conquista araba come elemento disgregante dell'unità politico-religiosa che aveva caratterizzato fino ad allora il bacino mediterraneo.

Nel volume : Saladino. La folgore di Siria che riconquistò la Gerusalemme crociata (Salerno Editrice, Roma 2024), Claudio Lo Jacono trascende la mera biografia del celebre sovrano curdo. Attraverso un'analisi metodologicamente rigorosa e una decostruzione critica delle narrazioni sulle Crociate, l'autore ne esplora genesi e sviluppo, focalizzandosi in particolare sulla percezione di questi eventi da parte delle popolazioni orientali, per le quali tali conflitti rappresentarono un elemento marginale. Molte di queste costruzioni mitologiche sono state elaborate deliberatamente per legittimare ex post esigenze della modernità, proiettando sul passato un'età dell'oro illusoria. Il volume realizza questa operazione con rigore scientifico, e ci si augura che possa contribuire efficacemente al riconoscimento di una più accurata verità storica.

Un caso paradigmatico è rappresentato dalla condizione degli abitanti di Gerusalemme dopo la conquista islamica: contrariamente alla vulgata, essa non comportò né persecuzioni né limitazioni del culto, in accordo con i principi della dottrina islamica nei confronti delle "genti del libro" (Ahl al-Kitab). La presunta interruzione dei pellegrinaggi verso Gerusalemme era già considerata una falsità dai contemporanei. L'Iter Hierosolymitanum, intrapreso dai cruces signati, non subì mai una vera interruzione; piuttosto, furono altre le circostanze che ne resero ardua o letale la realizzazione, come è tipico dei periodi bellici. Il contesto del Mediterraneo orientale non era caratterizzato da una contrapposizione manichea tra supposti "blocchi" contrapposti - Cristianità e Islam. I rapporti tra l'impero Romano d'Oriente e il mondo arabo erano infatti intensi e multiformi, come attestano i numerosi scambi politico-culturali avviati sin dall'epoca dei primi califfi Omayyadi.

Risulta dunque essenziale decostruire il concetto di una Christianitas monolitica, che agirebbe in modo uniforme e unidirezionale ad maiorem dei gloriam. Lo Jacono affronta approfonditamente tale ricostruzione, evidenziando sia l'ipocrisia manifesta ogni qualvolta i cristiani orientali fossero minacciati - in quanto non riconoscevano l'autorità pontificia e l'eresia del Filioque - sia le numerose alleanze che, nelle parole dell'autore, "non destavano scandalo" e videro musulmani e cristiani coalizzarsi per tutelare i propri interessi, evidentemente più preoccupati delle questioni terrene che di quelle ultraterrene. Lo stesso Impero Romano d'Oriente fu ripetutamente vittima dell'avidità e della natura machiavellica delle spedizioni crociate che, partendo in condizioni tali da preannunciarne il fallimento, si trasformarono in orde di soldati affamati e inferociti, dediti alle più atroci efferatezze indistintamente contro cristiani e musulmani.

Analogamente a come i cristiani occidentali utilizzarono le crociate per dirimere contenziosi con Costantinopoli, anche i sovrani musulmani cercarono di trarre vantaggio dall'arrivo dei Franchi per i propri fini. Dal volume emerge chiaramente come le crociate siano state un fenomeno essenzialmente politico-economico, in cui la religione ha certamente costituito per alcuni il primum mobile, ma di cui già i contemporanei individuavano le motivazioni più profonde. È significativo notare come molti crociati non rispettassero i decreti papali, entrando in aperto conflitto con l'autorità romana per perseguire i propri interessi materiali in Terrasanta. Tale condotta, spesso attribuita ai nobili Normanni, dimostra come già all'epoca le preoccupazioni materiali prevalessero sugli ideali spirituali. Questa decostruzione critica non risparmia neppure la compagine musulmana, che manifestò un analogo atteggiamento pragmatico rispetto alle questioni religiose.

È in questo contesto di tradimenti e violenze che emerge la figura di Ṣalāḥ al-Dīn Yūsuf ibn Ayyūb (italianizzato in Saladino), erede di una dinastia di insigni condottieri. Costoro riuscirono simultaneamente a destituire i potenti Imam Fatimidi, antagonisti del califfato Abbaside sia sul piano politico-economico - data la loro frequente interazione commerciale con gli europei - sia su quello religioso, in quanto si proclamavano guide spirituali della dottrina sciita ismailita. Proclamando il ǧihād per espellere i crociati dall'attuale Palestina, seppero conferire alla loro azione quell'aura religiosa necessaria a contrastare direttamente le pretese crociate: per molti contemporanei, infatti, le sconfitte rappresentavano la prova dell'abbandono divino, conseguenza della condotta scellerata dei crociati.

L'opera di Lo Jacono rappresenta un contributo fondamentale nel risvegliare le coscienze dalle molteplici strumentalizzazioni, storiche e contemporanee, alle quali la narrazione storica è costantemente sottoposta. Progetti politici e disegni geopolitici di complessa attuazione nel presente vengono retrospettivamente proiettati nel passato per dimostrarne la praticabilità. Ancora oggi si evoca il concetto di clash of civilisations per descrivere la contemporaneità, uno "scontro di civiltà" che vede il Mediterraneo meridionale contrapposto all'intero Occidente, indipendentemente dalla sua matrice religiosa. Non resta che richiamare le parole di Tancredi nel Gattopardo: "Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi".

Matteo Libanora Vassalli

AUTORE
foto autore
Redazione Tag24
condividi sui social
condividi su facebook condividi su x condividi su linkedin condividi su whatsapp
ARTICOLI RECENTI
LEGGI ANCHE