Il delitto di Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto 2007 a Garlasco, è uno dei casi di omicidio più controversi e seguiti nella cronaca nera italiana. Chiara, una giovane di 26 anni laureata in economia, fu brutalmente assassinata nella sua abitazione mentre i suoi genitori erano in vacanza. La dinamica dell'omicidio, le indagini che ne seguirono e le successive evoluzioni del caso hanno suscitato un ampio interesse mediatico e pubblico.
La villetta di Chiara Poggi si trova in via Giovanni Pascoli, una tranquilla strada di Garlasco. Il giorno dell'omicidio, il clima era caldo e soleggiato. Chiara si trovava da sola in casa, poiché la sua famiglia era in vacanza. A scoprire il corpo senza vita della giovane fu il fidanzato Alberto Stasi, che contattò i soccorsi alle 13:50, dichiarando di avere bisogno di un'ambulanza perché credeva che "abbiano ucciso una persona". Tuttavia, non era sicuro se fosse ancora viva.
Stasi dichiarò di essere andato a trovarla e di aver trovato il corpo in fondo alle scale che conducevano alla cantina. Chiara giaceva sul nono gradino, riversa in una pozza di sangue.
L’arma del delitto non è mai stata identificata né ritrovata, ma si ipotizza che si trattasse di un oggetto contundente, forse un martello. La scena del crimine non mostrava segni di effrazione, suggerendo che l’assassino fosse una persona conosciuta dalla vittima o che fosse riuscito a entrare senza difficoltà. Chiara indossava il pigiama, un dettaglio che indica come avesse aperto la porta in modo spontaneo e senza sospetti.
La dinamica dell’aggressione è stata ricostruita grazie alle analisi forensi e alle indagini successive. Secondo gli esperti, Chiara sarebbe stata colpita inizialmente al capo con un violento colpo sferrato da dietro. Questo primo attacco l’avrebbe stordita, impedendole di reagire o difendersi. La giovane fu poi colpita ripetutamente con maggiore violenza mentre si trovava vicina alla porta della cantina.
I giudici hanno descritto l’azione come una "progressione criminosa": l’aggressore avrebbe infierito su Chiara con colpi sempre più violenti in risposta alla sua reazione o al tentativo di fuga. L’atto finale fu il lancio del corpo della vittima lungo le scale della cantina, dove fu lasciata esanime.
L’ora della morte di Chiara è stata stimata tra le 9:12 e le 10:00 del mattino. L’ultima attività certa della vittima è stata registrata alle 9:12, quando disattivò l’antifurto della villetta. Dopo quell’ora, non ci sono altre tracce della sua attività fino al ritrovamento del corpo.
Questa finestra temporale ha giocato un ruolo cruciale nelle indagini. Alberto Stasi ha dichiarato di essere stato a casa sua a lavorare al computer per la redazione della tesi di laurea dalle 9:35 alle 12:20. Tuttavia, rimane un intervallo di circa venti minuti tra le 9:12 e le 9:35 durante il quale non è stato possibile escludere completamente la sua presenza sulla scena del crimine.
Uno degli elementi più discussi riguardo alla dinamica dell’omicidio è l’assenza di tracce ematiche su Alberto Stasi al momento del ritrovamento del corpo. Nonostante Stasi affermasse di aver camminato per la casa cercando Chiara, le sue scarpe erano pulite e prive di residui ematici, così come i tappetini della sua auto. Questo dettaglio ha sollevato dubbi sulla veridicità del suo racconto e sulla possibilità che avesse cambiato scarpe o vestiti dopo l’aggressione.
Inoltre, alcune incongruenze nel racconto fornito da Stasi hanno alimentato i sospetti nei suoi confronti. Ad esempio, descrisse il volto visibile di Chiara come "bianco", mentre era completamente coperto di sangue secondo gli investigatori. Questo dettaglio fece ipotizzare che Stasi potesse aver osservato la scena dal punto di vista dell’aggressore piuttosto che da quello dello scopritore.
Il movente dell’omicidio rimane incerto. I giudici hanno ipotizzato che l’aggressione sia stata scatenata da un "dolo d’impeto", ovvero un raptus improvviso derivante da una discussione o da tensioni latenti tra vittima e aggressore. Tuttavia, non è stato possibile individuare con certezza quale evento abbia scatenato l’omicidio.
La brutalità dell’aggressione suggerisce una forte determinazione da parte dell’assassino a eliminare Chiara definitivamente. La sequenza dei colpi inferti e il successivo abbandono del corpo lungo le scale indicano una condotta mirata a provocare la morte della vittima senza possibilità di sopravvivenza.
Le indagini iniziali si concentrarono su Alberto Stasi, unico testimone diretto e fidanzato della vittima. Nonostante le prove circostanziali contro di lui fossero numerose, mancavano evidenze schiaccianti per collegarlo direttamente all’omicidio. Nel corso degli anni, ulteriori analisi hanno portato alla condanna definitiva di Stasi nel 2015 a 16 anni di reclusione per omicidio volontario.
Tuttavia, il caso ha continuato a sollevare dubbi e interrogativi. Nel 2016 emerse una nuova pista legata ad Andrea Sempio, amico del fratello della vittima, il cui Dna fu trovato sotto le unghie di Chiara durante una revisione delle prove genetiche. Sebbene questa pista sia stata archiviata all’epoca, recenti sviluppi hanno riaperto l’indagine su Sempio nel marzo 2025.