Chissà se è stato un gesto di frustazione, nervosismo, di sfida o solo talmente abitudinario tanto da venirgli automatico. Sta di fatto che il ministro della Giustizia Carlo Nordio, nel corso di un incontro con l'Anm, l'Associazione nazionale magistrati, l'organismo che è un po' il sindacato delle toghe, si sarebbe acceso una sigaretta e si sarebbe messo a fumare.
Questo gli imputano i giornali di sinistra come L'Espresso e Repubblica.
Sta di fatto che il suo staff giura che la sigaretta ce l'aveva tra le labbra, ma non era accesa. Era un po' per darsi l'aria da Humphrey Bogart. E che comunque l'incontro con il rappresentante delle toghe sarebbe avvenuto nello studio privato del ministro, dove non c'è alcun divieto di fumo.
Ma tant'è: il caso è scoppiato in seguito a una foto pubblicata sui social dallo stesso staff di Nordio. Una doppia leggerezza, quindi? Ma, se accertata, il ministro cosa rischia?
La prova che Carlo Nordio, nato 78 anni fa a Treviso, si sarebbe acceso e avrebbe fumato una sigaretta in un luogo chiuso nel corso di una riunione, è una fotografia resa pubblica dal suo staff della comunicazione.
Ma la sigaretta è accesa o spenta? Per L'Espresso non ci sono dubbi: si evince chiaramente come Nordio stia "aspirando profondamente" mentre ascolta le ragioni di Cesare Parodi, il presidente dell'Anm.
Per il settimanale, Nordio è stato colto in flagranza di reato.
Sta di fatto che, davanti a quest'accusa, lo staff del ministro ha dato due risposte. La prima ha smentito che la sigaretta fosse accesa:
ha scherzato il portavoce del ministro.
La seconda risposta, però, data al sito del Fatto Quotidiano, ha cambiato un po' le carte in tavola:
Ma davvero lì il divieto non si applica? E se no, ora cosa rischia il ministro della Giustizia?
Ammesso che la sigaretta sia accesa, il ministro Carlo Nordio quale legge avrebbe trasgredito? Per rispondere a questa domanda, si deve far riferimento alla prima normativa che ha limitato il fumo in Italia: la legge 584 del 1975, la quale già all'epoca indicava un "generico e assoluto" divieto di fumo nei luoghi pubblici al chiuso.
All'inzio degli anni Duemila, poi, c'è stato un ulteriore giro di vite con la specifica che non si può fumare "in tutti i locali utilizzati, a qualunque titolo, dalla pubblica amministrazione e dalle aziende pubbliche per esercizio delle proprie funzioni istituzionali, sempre che i locali siano aperti al pubblico".
Nel 2003, infine, si è confermato il divieto assoluto negli uffici della pubblica amministrazione.
Detto che dallo scorso anno in alcuni Comuni è vietato fumare anche all'aperto e per strada (vedi Milano), chi fuma in un luogo pubblico rischia una multa che va da 50 a 500 euro. L'importo, però, può essere raddoppiato se la violazione avviene in presenza di donne incinta o bambini fino a 12 anni.
Sta di fatto che non sarebbe la prima volta che un esponente del governo Meloni sarebbe colto mentre fuma dove non dovrebbe.
Il precedente più clamoroso è datato agosto scorso e fu ad opera proprio di un sottosegretario di Nordio, Andrea Delmastro. Quest'ultimo era in visita al carcere di Brindisi e si fece fotografare insieme a un rappresentante della polizia penitenziaria con una sigaretta accesa proprio laddove c'era il cartello che avvertiva: "Vietato fumare".